Magazine Cultura

Giugno 1968

Da Lucas

Nel meriggio dorato

o in una serenità di cui il simbolo

potrebbe essere il meriggio dorato,

l'uomo dispone i libri

negli scaffali che attendono

e sente la pergamena, la pelle, la tela

e il piacere che dà

immaginare un'abitudine

e istituire un ordine.

Stevenson e l'altro scozzese, Andrew Lang,

riprenderanno qui, per virtù magica,

la lenta discussione che interruppero

gli oceani e la morte

e a Reyes certo non dispiacerà

stare accanto a Virgilio.

(Ordinare una biblioteca è

esercitare, in silenzio e modestia,

l'arte del critico).

L'uomo, che è cieco, sa

che non potrà più decifrare

i bei volumi che tocca

e che non gli daranno aiuto a scrivere

il libro che lo giustifichi agli altri,

ma nel meriggio che forse è dorato

sorride del suo bizzarro destino

e sente la felicità che è propria

delle vecchie cose s'amano.

Jeorge Luis Borges, Elogio dell'ombra, Einaudi, Torino 1971 (versione di Francesco Tentori Montalto)

Ri-trovare questi famosi versi borgesiani dà conforto al mio artigianato. Io, che non sono un bibliofilo, che però apprezzo la maestria dell'arte libraria, ma che, innanzitutto, gode (o presume di godere) del valore d'uso del libro, del suo contenuto; io, che non sono prevenuto verso le nuove tecnologie informatiche, tipo Kindle o iPad, mi domando quanto tuttavia in esse gli autori suddetti (o altri, tutti) potranno comunicare rispetto a un qualsiasi ordine (o disordine) di biblioteca fisica. Soprattutto, poi, mi chiedo quanto ciascun lettore potrà, «in silenzio e modestia», esercitare una sua propria «arte del critico». Non che la cosa mi preoccupi o, in fondo, m'importi. Cerco solo d'immaginare la nuova babele di qui a cento anni. Auguro solo una cosa ai futuri terrestri del 2110: che la cecità non li devasti completamente, tanto da poter godere ancora della luce del patrimonio estetico e morale dei grandi del pensiero umano.


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