Giugno; l'editoriale

Creato il 01 giugno 2014 da Manuel
Visto in partenza come il Giro del ricambio generazionale, Trieste ci consegna una classifica che ricalca in pieno queste speranze. E l’Italia ne ha bisogno. “Lasciamo stare valutazioni su percorso, atleti, risultati, gesti dell’ombrello, tattiche, ecc.. questa settimana ve ne saranno a decine un po’ ovunque. Buttiamola quindi su un discorso prettamente nostrano. Un Giro senza Nibali era la cosa migliore (soprattutto per Cassani) per capire il livelli del ciclismo di casa nostra. Senza il nostro Numero Uno in gruppo gli altri italiani hanno potuto avere più attenzione, forse più possibilità. Volevamo capire quanto valeva Ulissi, e pare che a livello di qualità valga le chiacchiere che di lui si sono ripetute da tre stagioni. Volevamo sapere se Basso e Cunego sono alla frutta? Pare di si per entrambi, visto il Giro deludente dei due capitani usciti di una primavera opaca se non invisibile. Volevamo provare a capire se Elia Viviani è un campione o un forte velocista? Più la seconda che la prima, e la differenza non è poca cosa. Fabio Aru è davvero il nostro uomo per le gare a tappe nella seconda metà di questo decennio? Pare di si. Pozzovivo?: un Viviani delle montagne (o sarà mica il primo un Pozzovivo delle volate?). Di certo soffre sempre un calo dopo due settimane. Abbiamo visto tutte cose positive? Non proprio. Moreno Moser ha deluso. Le qualità espresse nella prima stagione si sono viste comprensibilmente meno nella seconda, ma in questa la speranza era di vederlo in azione con un piglio decisamente migliore. Invece la Bardiani CSF è stata una delle squadre migliori al Giro. La migliore delle nostre. Tre vittorie di tappa, ma non facciamo distinzioni facendo i nomi degli atleti che si sono imposti nelle frazioni, perché se consideriamo i mezzi (anche economici) della Bardiani e di altre corazzate presenti, il confronto premia la squadra verde-vivo. Annotazione che non dispiace (se non hai vecchi DS nostri): la Bardiani si affida a dei preparatori sportivi, senza avere dei direttori sportivi che vogliono rappresentare gli onnipotenti dentro la rispettiva squadra. Dopo una campagna di primavera disastrosa nelle classiche, il ciclismo nostrano sembra avere pochi campioni ma diverse speranze. Senza entusiasmarci troppo, diciamo che per ora non è poco.”

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