Giulia Menolascina, Abitando il silenzio, ANANKE 2007, € 12
Scrivere poesia può essere un’attività di riflessione e di comunicazione e/o anche una forma di automedicazione che , però, trascura la dimensione del lettore e del mondo.
Giulia cerca soprattutto di trovare bandoli al groviglio degli eventi con il quale il tempo tenta di tenerci stretto a lui, prigionieri dentro albe e tramonti, restii a prospettive d’azione, chiuse all’interno della ragnatela della solitudine e del silenzio.
Ha un’arma efficace per districarsi fra le pene: lo sguardo che sa cogliere le meraviglie della natura in modo selettivo, come può e sa farlo chi ha confidenza con un altro linguaggio artistico, quello della pittura: “ Nel bianco della brina/ il sole guizza/ e l’erba ride”; una terzina tersa , lieve, quasi idilliaca se non fosse “… il bianco svanisce/ e moltiplica il silenzio/ sulle domande” e , più avanti: “ nuotiamo, gocce/ nell’oceano del tempo…” . Le campiture del quadro si sono disfatte sulla riva delle domande che l’esistenza pone alle anime sensibili e il tempo, questa entità che non riusciamo mai a trattenere perché vi siamo dentro, ma era a noi preesistente e sarà a noi superstite nella sua corsa indifferente. Dunque nella poesia della Menolascina si affacciano le domande di sempre che non possono avere risposte certe e definitive e all’uomo non resta che aggrapparsi alla disforia delle sue visioni, alla concretezza dei suoi incontri, alla realtà greve del suo dolore perfetto come “.. perfetta/ arriva la pioggia.” E a riprova di quanta sia la concretezza che abita la poesia di Giulia, vorrei trascrivere per intero questi versi che hanno perduto il titolo per farsi creaturali: “ dalle spalle del tempo / cieca vago/ nel buio/ da sempre amico/ antico abisso/ il mio mistero/ canto / zolla calice radice/ bevo me stessa/ fino in fondo.”
Nel procedere delle pagine, sempre più esplicito diventa il grido di dolore, si ammanta ancora di metafore ma non si cela, esplode e la poetessa non sa contenerlo e può solo urlare alla notte che tarda, al giorno che non vuole morire. Non c’è dimora per le anime inquiete, per le addolorate, per coloro che vedono oltre le apparenze; il silenzio si trasmette dai piedi al cuore ( sono versi bellissimi), i doni si trasformano in tesori solo quando affondati come i forzieri dei pirati, solo quando il tuo sguardo li coglie con la sorpresa di aver individuato il tanto nel poco, pochissimo..
Al tempo s’ impigliano il bene e il male, il gioco e il dolore; al tempo al quale riusciamo solo a sottrarre istanti di incanti, schegge di luce, speranze di germogli, e il gran ciclo delle stagioni che è vita e vitale , che prorompe anche quando pare morire, tremare sotto la sferza dei venti e del freddo.
E, infatti, il libro si chiude con una immagine estiva di colori e vivezze; se è così , pare dirci la poetessa questo facciamoci bastare o comunque, impariamo ad amare a goderne.
Sì, la vita è scoprire istante dopo istante una meraviglia. Forse di più non si può dire forse, neanche fare.
Narda Fattori
Alba
Trepida
t’aspetto
in silenzio
aspetto il soffio
che faccia suonare
questo corpo
canna svuotata
a fatica
dai venti dei giorni
aspetto occhi nuovi
per la tua luce
che soffice
come sempre
su tutto
s’appoggia
le radici
ci sono
e da qualche parte
i germogli
premono
***
Atroce limpida immagine
Dallo specchio frantumato,
lastra sottile di ghiaccio
sulla pozzanghera
fili d’erba e sassi
sotto vetro
atroce
limpida immagine
di sonno intatto
silenzio sospeso
luce sul buio
e il tempo immobile
per vedere