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Giuliano Poletti: il nuovo Ministro del Lavoro

Creato il 28 febbraio 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

Giuliano Poletti: il nuovo Ministro del LavoroLa squadra dei ministri è pronta, il nuovo Governo ha ottenuto la fiducia e, finalmente, la poltrona di Ministro del Lavoro ha un nuovo proprietario, Giuliano Poletti, chiamato a sostituire Enrico Giovannini, che lascia, senza infamia e senza lode, uno dei Dicasteri più importanti e scottanti del momento.

Ex Pci, presidente di Legacoop, il neo ministro, posto che la via da seguire sarà quella del Jobs Act, non si è ancora chiaramente espresso, su come ha intenzione di traghettare il bistrattato mondo del lavoro italiano verso il traguardo indicato da Renzi; tuttavia, dalle sue prime dichiarazioni e dalle interviste rilasciate negli anni passati, possiamo intuire quali saranno alcuni dei suoi punti programmatici.

Flessibilità è ancora la parolina magica, la base su cui si dovranno ricostruire le fondamenta del mercato del lavoro, secondo Poletti, motivo per cui non sembra intenzionato a far marcia indietro sulla questione dell'Articolo 18 e della sua progressiva scomparsa. A detta del nuovo ministro, infatti, il sistema della flexicurity (ancora lei, sempre lei, maledettamente lei) – opportunamente corretto, con una netta riduzione del numero di contratti a termine – non solo non limiterà le tutele ai lavoratori, ma servirà ad estenderle anche agli atipici, oggi esclusi.

Come sia possibile che ogni Ministro del Lavoro, da vent'anni a questa parte, si sia messo in testa che la flessibilità, in un sistema economico rigido come quello italiano, sia la panacea di tutti i mali, ancora non lo capisco. Deregolamentare il mercato del lavoro, riducendo le tutele e i diritti, ha creato il precariato, che, a sua volta, ha creato una generazione di disperati, che deve dannarsi l'anima anche solo per arrivare a fine settimana, altro che fine mese.

Anche solo pensare di risollevare il Paese, senza preoccuparsi di recuperare quella generazione, permetterle di essere produttiva, di far girare l'economia e di partecipare allo sviluppo del Paese, è follia pura, ma, da quell'orecchio, la politica sembra proprio non sentirci.

Altro caposaldo su cui si basa il Poletti-pensiero, riguarda gli investimenti e il sostegno alle imprese: non si può creare lavoro, se, prima, non si permette alle aziende di uscire dal pantano in cui crisi, burocrazia e tasse le hanno cacciate. E' indispensabile, quindi, procedere ad una nuova (?) politica di alleggerimento della pressione fiscale, come prospettato dallo stesso Renzi, che ha già promesso il taglio dell'Irap (ammesso che sia in grado di trovare le risorse), misura necessaria per liberare circa 10 miliardi di euro, utili per il rilancio della produttività e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Sulla stessa lunghezza d'onda, è lo snellimento dell'apparato burocratico, che renderebbe il sistema economico meno complicato e più accessibile agli investitori stranieri, e la razionalizzazione degli incentivi.

L'incentivazione alle assunzioni, infatti, è stato uno dei cavalli di battaglia dei precedenti governi, che, tuttavia, ha attirato non poche critiche – anche dallo stesso neo ministro -, dati i risultati piuttosto modesti, per non dire fallimentari, ottenuti fino ad oggi. Quello degli incentivi a pioggia, secondo Poletti, è un sistema inutile e troppo dispendioso, ma che darebbe ottimi frutti se razionalizzato, tramite interventi mirati per settori, soprattutto in quelli a più alto tasso di investimenti ed innovazione.

Altro campo, in cui il ministro vuole dire la sua, è l'autoimprenditorialità: fondamentale, infatti, per il rilancio del Paese, non è solo aiutare le aziende esistenti a riprendersi, ma permetterne la nascita di nuova, grazie al sostegno all'imprenditoria sia femminile che giovanile. In questo senso, c'è una sfida non da poco, che Poletti dovrà affrontare: Garanzia Giovani, il programma europeo di sostegno al lavoro, il cui lancio era stato programmato, dal precedente governo, per marzo. Ormai, ci siamo, ma ancora non è chiaro nè su quali coperture finanziarie potrà contare l'Italia, nè come sarà organizzato il progetto, nel nostro Paese.

Fin qui, nulla di nuovo e tutto molto in linea, con quello già riportato sul Job Acts renziano. Una novità tutta del ministro, invece, sembra essere il coinvolgimento diretto dei cittadini nel sistema economico, tramite un nuovo welfare, ispirato al concetto di Big Society, che permetterebbe la creazione di un sistema in cui Stato e privati opererebbero in sintonia.

Si tratta, insomma, di creare una sorta di imprenditoria sociale – qualcosa di molto simile alle vecchie società di mutuo soccorso -, un piccola imprenditoria locale, che abbia come scopo il perseguimento del benessere del territorio in cui opera. Personalmente, l'idea appare molto fumosa e basata, prima di tutto, su dei presupposti inconciliabili: come la si vuole mettere, l'obiettivo – egoistico – di ogni impresa economica è e resterà sempre uno solo, il profitto, ovvero, qualcosa che c'entra ben poco con il benessere sociale. Più che altro, sembra un modo per scaricare il welfare dallo Stato ai privati.

Insomma, fin qui abbiamo tirato le somme di quel poco che si sa delle idee del nuovo ministro e, di sicuro, è impensabile aspettarsi novità e iniziative, a pochi giorni dalla formazione del Governo, ma resta il fatto che Poletti ha davanti a se un compito molto duro: rimettere in piedi il traballante mondo del lavoro italiano. Se riuscirà nell'impresa o se fallirà, come i suoi predecessori, solo il tempo potrà dircelo.

Danilo


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