Giulio Marchetti, GHIACCIO NERO, Ladolfi 2015
Si legge una sostanziale unità di resa nei testi di questo autore. Unità tematica e di stile, tratto che si osserva, per esempio, nel canzoniere che raccoglie le tre raccolte pubblicate dall’editore puntoacapo, “Apologia del sublime”, in cui il tema dell’amore fa da basso bordone e sostanzialmente impregna di sé tutta l’esperienza della vita.
Così, in questo “Ghiaccio nero”, l’anafora ci dice di una disarmonia che si fa poi distonia proiettata in un futuro già promesso.
Scintilla
Chiedo luce a questo niente
e poi torno a subire
il silenzio.
Forse l’oscurità non è
una zona di passaggio,
è il mio luogo di nascita.
Altro che pienezza dell’alba,
qui è già tanto la scintilla
di un bacio di cristallo.
Dammi almeno
un’alternativa,
al futuro.
pag. 15
È una poesia bloccata nella pena della vita, in cui la gioia, pur nel suo esistere effimero, sembra essere parte di un gioco assai crudele. L’essere non può che accogliere questa resa, stare nell’opposizione assenza/bellezza, o nella coincidenza pena/bellezza.
Eppure a volte si fa fatica a immaginare che questa delusione amorosa possa segnare le tappe di un’intera esistenza. Così si potrebbe pensare alla descrizione di una condizione ontologica, leopardiana, e cioè di un male che l’esistenza l’attraversa tutta, scuotendola.
Oppure a un dolore incuneato e inestirpabile che non assume alcuna forma perché già “è”.
Il colpito del poeta, allora, è solo quello di dare forma ai fantasmi, costringendoli a riaffiorare dal loro mutismo. Il compito dell’essere “è un meraviglioso fallimento”.
Noia
Tempo,
scivoli nel sonno dell’attesa.
Quale alba o risveglio
potrei sognare
diversi dalla noia?
Vorrei scivolare tra le dune
di questo deserto
perché è l’unico paesaggio
che conosco.
Ho strappato tutti i fiori
per avere tra le mani
qualche sprazzo di colore.
Il mondo giace lontano
e la vista stagna
come un fiume che non scorre.
Insegnami a scivolare via.
pag. 27
Cadere
L’aria è così leggera
per svanire meglio.
Il sole vive in una caverna
e la città né lontana
come un’origine.
Ogni tuo sguardo è un ponte
tra vita e morte.
Ogni tuo non dire dice:
ti prego, non cadere
pag. 32