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Giulio Passerini: Le sedute “psicografiche” di Who’s the reader

Creato il 31 marzo 2011 da Viadellebelledonne

Riprendo volentieri da Who’s the reader di Giulio Passerini la terza e la quarta puntata delle sue « sedute “psicografiche”: libere associazioni grafiche a puntate» riguardanti soluzioni grafiche per edizioni diverse dei libri di F. Kafka.

Giulio Passerini: Le sedute “psicografiche” di Who’s the reader

Kafka di Peter Mendelsund, Schocken

Terza seduta


Partendo dalla tricromia del ‘900 pop del Supplente siamo arrivati alla policromia reclamistica dell’ultimo Domenicale del Sole 24 ore. Facciamo ora un passo indietro e torniamo agli sguardi che inseguono Attilio Forra, al “sospetto di cui si sente vittima ma di cui in qualche modo è anche artefice”, torniamo agli occhi.

Lo stesso occhio che Alice Beniero ha interpretato come texture, assume un ruolo da protagonista nel progetto grafico dedicato a Kafka da Peter Mendelsund per i tipi dell’editore Schocken.

La scrittura Kafkiana -dice il designer sul suo blog- ha sempre dato vita a progetti grafici caratterizzati dalla “fascistizzazione” dei propri elementi: la costruzione rigida, le tonalità scure o spente, la tensione negativa. Il suo tentativo è stato invece quello di riuscire a valorizzare l’umorismo nero dello scrittore e la sua parola esoterica, ieratica e spiazzante non attraverso i soliti schemi tetri e costrittivi, ma con l’uso del colore e dell’ironia impiegando una logica malata ma coerente nella sua sistematicità. Mendelsund andava insomma alla ricerca del paradosso (a questo proposito molto interessante il contest della rivista Finzioni).

Puntando in questa direzione, quale miglior elemento dell’“occhio” per tradurre sulla pagina allo stesso tempo intimità e paranoia, valorizzare l’individuo e  perseguitarlo. Concentrando su quest’elemento la tensione psichica e il processo al lettore, il designer ha quindi mano libera sul resto del prospetto e decide di usare il colore a tutta pagina, operazione -come sappiamo- sempre molto rischiosa, ma mai tanto azzeccata. La cromia piena e luminosa ha il merito di non rassicurare affatto il lettore, ma di aggravare piuttosto l’ansia dell’attesa nel vedersi sottoposto a processo in un contesto falsamente rassicurante, quasi infantile.

Ad aggiungere angoscia all’angoscia è il gioco della variazione sul tema in cui un elemento semplice e sensibile come l’occhio viene sottoposto a scomposizione o a mostruose mutazioni di colore (tanto basta per terrorizzare la mente semplice di un bambino). Il gioco su parti sensibili del corpo scatena, pur nel sorriso, l’ansia atavica in ognuno di noi. Nota a margine: il font usato è il Mister K ricavato dalla calligrafia stessa dello scrittore da Julia Sysmäläine.

Un progetto semplice e riuscitissimo, in grado di rompere con la tradizione pur salvandone (potenziando perfino) il sentire propriamente kafkiano.

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Roberto Calasso, K, Vintage/Adelphi

Quarta seduta

Giulio Passerini: Le sedute “psicografiche” di Who’s the reader
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Giulio Passerini: Le sedute “psicografiche” di Who’s the reader

A sinistra l’edizione a cura di Mendelsund, Vintage 2006. Collage e lavoro tipografico in odor di futurismo; bella l’alternanza di tondo, corsivo e finto magenta nella titolazione (stiamo scoprendo pian piano quanto piaccia all’editoria anglofona questa soluzione).

A destra, del 2002, prima edizione Adelphi che più Adelphi non si può. Sfondo pastello, tanta tipografia (nb: qui è l’autore ad essere messo in corsivo), un carattere orientaleggiante, e la netta divisione della pagina in due zone una per l’illustrazione, una per il titolo.

Da rilevare come entrambe mantengano il punto dopo la “K”. Niente di casuale: stiamo sempre parlando di Kafka e non di un mister “K” qualunque… ma soprattutto volete mettere l’orgasmo tipografico?! (sogno di qualunque stampatore un po’ artista: stampare una pagina interamente bianca con un punto nero al centro).

Giulio Passerini Who’s the reader? [Chi l'ha detto che un libro non si giudica dalla copertina?] : «il libro è un oggetto che nella sua meccanica ha trovato elementi capaci di nutrire una bellezza fatta di pesi e contrappesi, di scatti e stasi, di forza e fragilità. E come tale ha una storia da raccontare»




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