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“Giullari a corte”. Vecchie poesie dark di Iannozzi Giuseppe e segnalazione “L’ultimo segreto di Nietzsche” (Cicorivolta edizioni)

Creato il 19 gennaio 2014 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Giullari a corte

di Iannozzi Giuseppe

cavalieresenzatesta


freccia
L’ultimo segreto di Nietzsche
(Il ritorno del filosofo a Torino)
nelle librerie Feltrinelli a soli € 11,05

L'ultimo segreto di Nietzsche - Beppe Iannozzi - Cicorivolta edizioni

L’ultimo segreto di Nietzsche (Il ritorno del filosofo a Torino)

Beppe IannozziCicorivolta edizioni
ISBN 978-88- 97424-77-2 – pagine: 230 – prezzo: € 13,00

“Giullari a corte”. Vecchie poesie dark di Iannozzi Giuseppe e segnalazione “L’ultimo segreto di Nietzsche” (Cicorivolta edizioni)

“Giullari a corte”. Vecchie poesie dark di Iannozzi Giuseppe e segnalazione “L’ultimo segreto di Nietzsche” (Cicorivolta edizioni)
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LA FELTRINELLIIBSLibreriaUniversitaria - UNILIBROAMAZON.IT


Il Giullare

Libero da ogni costrizione
aspetto
che il vento mi trasporti
sulle sue ali;
degli umani spiriti,
finalmente,
libero
posso sguazzare
nell’etere
- linfa del peccato -
e l’apogeo toccare,
baciare,
viverlo,
essere il peccato.

Brunilde

Dolce Regina,
come sei piccina!

In questo talamo
abbiamo condiviso
l’amaro
del nostro amore
come peccato.

Ma ora il tuo sangue
veloce scorre
tra le vie d’ogni quartiere,
e maledice
il tuo urlo
nella notte
il giorno
che nascesti.

Dormi dolce Regina!

Dormi,
e non chiedermi
perché ti amo.

Oblio

Che bello è viaggiare
e nell’oblio annegare!

E non chieder a nessuno
che la vita riprenda.

E nel peccato rimanere
come bambini a giocare.

Il Ramingo

Nel buio piange un ramingo,
che non discerne la verità;
e le sue azioni
diventano
a lui nemiche.

Tra i marosi viene scagliato
e in una procella si perde,
perché la bussola ha smarrito.

Dolce tormento

Dolce tormento
questo lamento
che suona l’amore
ed esperienza non ha.

Dolce tormento
cantare e suonare
questo lamento.

Sarò fulmine

Sarò fulmine che si spegne in te,
sarò tempesta se mi vorrai,
sarò notte e incubo,
sarò una morte improvvisata,
sarò un bacio,
sarò tutto quello che non…
che non hai osato pensare.

Bambina, dovrai svegliarti
e le mie labbra apriranno altra notte
nei tuoi occhi,
ché l’amore sempre è oscuro
e nessuno lo può comandare
o condannare.

Così, lasciami essere la tua notte:
il fulmine a ciel sereno
che sveglierà le tue notti…

La notte si fa

La notte si fa:
una premonizione
che è un bacio,
pietra nell’infinito
scagliata
e in esso persa.

Chi disse peccato?
Chi osò
interrompere
volo di due stelle
legate
da un bacio
infinito
per dirlo colpa?

Questo cuore,
che fragile è,
canta,
batte
il ritmo
di chi m’ispirò
parole immortali,
ma veloci come luce
saporosa
nell’incanto
dell’Eternità baciata.
E’ nostro questo battere
sempre
e poi sempre
la via
dell’innocenza.

E ora sudami l’amore
perché sia neve,
impronta
e strada
da camminare
contro gli strali del destino.

E ora amami l’amore,
che sappiamo,
per un bacio o due,
perché solitudine c’è,
e niente basta mai
all’Anima mia
che vagola
e trova sentieri profondi
tutti da scoprire
nel tuo corpo,
nella tua Anima.

Dolce,
luminosa,
vergine nell’Innocenza.
Così riposa,
Innocenza.

E Venere sorse in pallore

E Venere sorse in pallore,
poi tutta s’ammantò
di virginale rossore
ché Marte l’aveva cullata
in abbraccio
di gentili fiamme.

Oh Venere!
Sopraffatto
da tue floride grazie,
Venere,
ora spegni con un bacio
la passione
che arde
e nutre l’alma
in sofisticate evoluzioni
d’amore.

E Marte s’oscurò in bagno di quiete,
ché Venere ora lo teneva seco
appoggiato al seno suo,
cullando il capo stanco
di chi l’aveva amata
oltre l’impossibilità del sogno
per cangiarlo in voluttà
decisa e tenera.

E Venere sorse in pallore.

All’osteria di notte

Nei graffi allungati dei paesaggi
avvolti nella notte,
la botte ha rotto il suo cerchio,
cercando una sfumatura antica
nel sapore del sangue in vino.
Il giovane avventore d’osteria
rifugia il volto nelle pieghe d’un sorriso,
d’un’anonima ostessa.
Si sente un richiamo stordito
provenire dal vento di fuori,
e il bronzo delle campane
rapisce in una stonatura.

Si versa un altro goccio
nel vetro del bicchiere,
poi si guarda d’attorno
ebbro negli sguardi dei pochi insonni
che gli spiano gli occhi:
il cuore gli fa male a ogni rintocco di campana;
si regala un’altra ubriacatura,
ché i graffi a pelle della notte
ce li ha ancora stampati sulla schiena.

Fuori è l’ombra
che brama i brani della sua carne
ormai del sangue spolpata.
E c’è quel sorriso anonimo
che lo invita a ubriacarsi
un po’ di più.
Ed allora grida:
“Ostessa,
un altro giro,
un altro ostaggio,
prima che sia l’Alba!”

L’Amata sepolta

Rabbioso frustava
il cocchiere:
“Più veloce, per Dio!”

I neri cavalli lanciati
sudavano
sette umani peccati,
ferendo il sudario
della notte.

Il galantuomo
plorava sudore:
“Dio, abbi pietà di Lei!”

Morti i cavalli
caddero a terra
senza un lamento.

Ma il gentiluomo
era arrivato:
baciando
l’avello
dell’Amata,
inginocchiato
rimaneva.

Il cocchiere,
impassibile,
seppelliva
i neri cavalli.

Tango

Giocami in un tango
o una religione,
ma stasera portami via
a ballare,
a ballare,
a ballare…

Ballami negli occhi
le ombre
che lascia l’Atomica
sui muri incorrotti delle città
quando la carne della vita
si fa sciolta piaga.

Portami via,
dove non possa vedere
l’inumano orgasmo
che si consuma.

Portami via.
E ballami l’Inferno
con un ‘No’.

All’incrocio, Dio

Soffre
tempesta
di uomini donne bambini
la fragilità
d’un angelo
caduto
nell’inverno
delle nevose ali.

Dio ride
in una spettinatura
che l’indice destro
raccoglie
in carezza di vento
su mille e mille
scomposti avelli
che non sanno
i loro nomi.

Si spegne
un semaforo
all’incrocio
fra
Sodoma
e
Gomorra,
mentre un figlio
perde
il seme,
confessando
al silenzio
il crimine commesso
nel sonno
d’un’ammaestrata scimmia.

All’incrocio,
Dio:
un uomo.

Tiranna

Tiranna censura:
assenzio dei poveri.
Di spirito.

Il vento
vi soffia
scherno
di Angeli
e Diavoli.


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