Argomento particolarmente spinoso e controverso nel mondo dell'editoria è senza dubbio l'EAP, L'Editoria a Pagamento. Considerata piaga sociale da molti critici ed editori free e comodo salvagente da quegli autori che non potrebbero pubblicare in altro modo, l'editoria a pagamento svolge i suoi tentacoli velenosi avviluppando gli aspiranti scrittori con la promessa di un nome su una copertina (non a caso il termine inglese è, emblematicamente, Vanity Press). Link di approfondimento:
Ma cos'è, di preciso, un editore a pagamento? Se la definizione è lineare, le modalità sono più subdole. Una casa editrice a pagamento guadagna sul contributo degli autori piuttosto che sulle vendite dei romanzi pubblicati: chi stipula un contratto con una EAP è tenuto in qualche modo a contribuire economicamente alla pubblicazione della propria opera. Un po' come pagare per lavorare, d'altronde siamo in Italia. Tale contributo, considerato dalle EAP un'equa condivisione del rischio imprenditoriale, non è necessariamente esplicito (ossia il versamento di una quota complessiva, di solito a tre cifre): il contratto può prevedere le clausole più fantasiose, che vanno dalla pubblicazione gratuita ma con obbligo di acquisto di servizi necessari quali editing e impaginazione all'acquisto obbligatorio di un certo numero di copie a prezzo pieno. C'è anche chi prevede la pubblicazione in cambio dell'acquisto di copie di altri autori pubblicati dalla stessa casa editrice (?!), fino al raggiungimento di una certa cifra. C'è invece chi seleziona i manoscritti da pubblicare tramite un concorso cui si accede a pagamento. C'è anche chi intasca i soldi e sparisce dalla circolazione.
L'EAP non va assolutamente confusa con il book (o print) on demand, un tipo di servizio a cui si rivolgono
gli autori per richiedere la stampa di un certo numero di copie (che possono essere acquistate dall'autore oppure vendute tramite lo stesso sito) e un codice ISBN, rimanendo in questo modo in possesso di tutti i diritti della propria opera.
Le considerazioni sono facili da trarre: le opere EAP, nella quasi totalità dei casi, sono prodotti non curati, non distribuiti e assolutamente non selezionati, poiché il sistema garantisce la pubblicazione a chiunque abbia la possibilità di sostenere le spese richieste. L'autore che ha pubblicato con una EAP, inoltre, le cede i diritti sulla propria opera (e talvolta anche quelli sulle opere future) per la durata stabilita dal contratto.
Di norma, la pratica dell'EAP è fortemente condannata in quanto affolla il mercato di protolibri (alcuni editori free rifiutano persino di lavorare con autori che abbiano precedenti di pubblicazioni a pagamento). Le EAP generalmente ribattono alle critiche appellandosi alla crisi dell'editoria nazionale che non consente più alle piccole case editrici indipendenti di vivere del loro lavoro (e talvolta minacciando querele e denunce per diffamazione a chi segnala le loro modalità), difese a spada tratta dai loro autori che affermano l'impossibilità di pubblicare in un mondo basato sulla raccomandazione e sulla sfiducia verso gli autori esordienti (spesso ricordando che nomi noti come Saba, Svevo e Proust autopubblicarono alcune loro opere).
Su una cosa, almeno, mi sento di dar loro ragione: essere un piccolo editore free è oggi molto difficile, e in virtù di ciò talvolta non vengono garantiti all'autore (al pari dell'editore a pagamento) servizi fondamentali quali editing, correzione bozze, distribuzione capillare, promozione. Non per questo, però, si dovrebbe perdere di vista il fatto che il cliente di un prodotto editoriale è il lettore, non l'autore. Le EAP tentano di convincere l'aspirante autore che la pubblicazione dovrebbe essere garantita a chiunque e che il mercato si sta evolvendo in loro direzione.
Non è così. La pubblicazione non può e non deve essere garantita a chiunque. Non tutti hanno i mezzi per essere scrittori, e dovrebbero farsene una ragione. Se un aspirante scrittore non viene pubblicato, forse non è colpa del genere che non vende, dello stile troppo lontano dai parametri della casa editrice, della sfiducia nell'esordiente. Forse, semplicemente, l'aspirante scrittore non sa scrivere, ma questa è una verità amara da mandar giù. Quanto alla direzione presa dal mercato, sia le EAP che gli editori free (e tutti noi lettori, ahimè, brace ourselves!) devono ormai fare i conti con l'autopubblicazione digitale. Se infatti la book on demand non è alla portata economica di tutti, chiunque può fare un ebook del proprio lavoro e venderlo su Amazon. Quali saranno le conseguenze di quest'anarchia editoriale? Ci stiamo realmente avvicinando alla morte dell'editoria tradizionale? Tra vent'anni tireremo le somme.
- La lista delle EAP ospitata sul sito di Loredana Lipperini, inizialmente compilata e pubblicata da Writer's Dream.
- La pagina della NOEAP.
- Lo spot satirico dello Studio83.
Articolo di Sakura87
Magazine Cultura
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