Si chiude quest’oggi , quasi ovunque il suo “messaggio” è finora giunto, il triduo di preghiera per festeggiare, domani 16 febbraio, il beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata in Torino.
E’ una ricorrenza importante per tutti coloro che in un modo o in un altro si sono imbattuti in Lui.
Se mi riesce, cercherò di spiegarmi.
Il “mio” incontro con Giuseppe Allamano è avvenuto per caso, come poi succede ai più, quasi sempre,e per tutte le cose importanti della vita.
E proprio per questo, forse, mi piace ricordarlo e ricordarlo a persone che considero amiche.
E’, insomma, un raccontare “raccontarsi”.
Avevo vent’anni circa e frequentavo l’università nella mia città solare e problematica ad un tempo, Napoli appunto e, come tutti i giovani del ’68, più o meno contestatrice del “vecchio”, nutrivo una autentica e decisa allergia per altari, sacrestie e confessionali.
Meno che mai provavo amore per preti e suore.
Un giorno mi capita (non so come) tra le mani quello che noi chiamiamo comunemente un “santino”. E cioè un’immaginetta di Giuseppe Allamano.
Non lo conosco. Ne leggo però incuriosita il retro e dico, quasi a voce alta, a me stessa:”Se lo avessi incontrato,un uomo e un prete così, io lo avrei seguito fino agli estremi confini della Terra”.
Può apparire esagerata l’esclamazione ma, credetemi, che è vera.
Tutto finisce, almeno per me in quell’istante, dopo aver deposto in un libro sulla mia scrivania, a mo’ di segnalibro, l’immagine del beato Allamano.
Mi laureo, come nei desiderata dei miei genitori, e anche brillantemente.
E, qualche anno dopo, per il mio primo insegnamento, mi trasferisco a Olbia, in Sardegna.
Un pomeriggio invernale qualunque, sfogliando l’elenco telefonico cittadino, l’occhio cade sull’indicazione del CAM ossia il Centro di animazione missionaria dei Missionari della Consolata in Olbia e sul relativo numero di telefono.
In un primo tempo penso di telefonare ma, poi, mi dico che sarà preferibile andare di persona.
Perché? Non lo so neanche io . E, anche allora, non lo sapevo affatto.
Eppure qualcosa o meglio Qualcuno mi spingeva a pensare di andare.
Mi presento e busso al campanello in via Asti, qualche mezz’ora dopo, con il pretesto di reperire un numero di Jambo Africa, che non mi era stato recapitato dalla Posta, cui alcuni amici, volontari in Kenya,conoscendo il mio interesse per l’Africa, mi avevano abbonato anni prima.
Scambio due parole con padre Stefano Bonifetto , un simpatico piemontese, quel giorno tutto intabarrato per l’eccessivo freddo di stagione.
Visito la loro cappella e m’innamoro di un Cristo crocifisso, che campeggia sulla nuda parete bianca e al quale offro, comunque, inginocchiata, i miei “disordinati” pensieri.
Faccio poi ritorno a casa con il numero di Jambo Africa tra le mani e riprendo ,senza particolari scossoni, la mia vita di sempre.
Salvo ritornare ormai, ogni domenica, a messa in via Asti.
Giuseppe Allamano è nato a Castelnuovo d’Asti oggi Castelnuovo Don Bosco.
Infatti,il 21 gennaio 1851, nella casa di Famiglia Allamano, appunto in Castelnuovo(io l’ho visitata più volte), c’era aria di attesa. Stava per nascere un bimbo. E, a tarda sera, la signora Marianna, la mamma, mette al mondo un bel bambino maschio.
E’ lui. E’ Giuseppe Allamano.
Dopo quella prima visita in via Asti,a Olbia,sono accadute moltissime cose e tutte casualmente, credetemi.
E tutte hanno avuto a che fare con l’animazione missionaria e con la personalità carismatica di Giuseppe Allamano, che io non posso non amare.
Anche se, a dirla tutta e molto chiaramente, nella vita di ogni persona nulla accade mai per caso. E questo specialmente se siamo convinti che c’è come un gomitolo “provvidenziale” che si svolge e quel “gomitolo” è nel grembo e nelle mani di Dio,del quale dobbiamo avere piena fiducia e al quale dobbiamo saperci affidare.
Che poi è quello che, fondamentalmente, a me ha insegnato l’Allamano.
Il “progetto” di Dio.
Diceva l’Allamano in proposito quando, ai primi del ‘900,ormai fondatore dei due rami(maschile e femminile) di un’importante congregazione missionaria in Torino,quella de La Consolata, parlava ai suoi missionari e alle sue missionarie :”Il buon Dio pensò a me sin dall’eternità, quando nessuno pensava a me, neppure i miei genitori che non esistevano. Vi pensò non per necessità o bisogno che avesse. Vi pensò per solo amore di me. Il buon Dio decretando di crearmi, stabilì nel tempo l’anno, il giorno in cui mi avrebbe dato l’essere, ed ogni altra circostanza.”.
In conclusione, Giuseppe Allamano, oggi beato e presto santo,non è mai stato quel genere di prete bigotto che io potevo aborrire in gioventù. Ecco la forza del suo fascino. Personalità accogliente , semplice , profondamente spirituale certamente. Mai però bigotto. Lo ribadisco
E’ stato in definitiva un progettista, un architetto di Dio, anche senza mai muoversi dal suo Piemonte.
E i suoi “figli” e le sue”figlie”, fattivamente, proseguono oggi, attualizzando in ogni parte del mondo(fino in Mongolia o in Corea), il “suo” carisma,che altro non è che pratica di fede, speranza e carità accanto a fratelli e sorelle meno fortunati.
Io, per mia parte, continuo ad amarlo, apprezzarlo, a studiarne la “sua” persona e a pregare Lui e per Lui.
Perché la “sua” Missione, grazie a specialissimi “fattorini”, con l’aiuto di Dio, prosegua nel tempo e nello spazio.
Soprattutto prego perché non manchino mai operai in quella “vigna”.
Marianna Micheluzzi