Giuseppe Cruciani, che vita dura essere per forza una Zanzara
Creato il 18 dicembre 2015 da Trescic @loredanagenna
Ogni mattina, a Milano, Giuseppe Cruciani si sveglia e sa che dovrà spararla sempre più grossa o non finirà su Dagospia. Lo ascolti su Radio24, all’ora in cui gli automobilisti arrivano al casello di Carisio e vogliono ridere, e percepisci il suo dramma. Dirgli che è volgare, oltre a lusingarlo, è cosa assai banale. Cruciani è il primo a marciarci. La vera cifra di Cruciani, ciò che lo caratterizza e lo macera, è il desiderio smodato di avere non tanto una notizia, ma il virgolettato esagerato attinto da qualcuno. Costi quel che costi. Passano i minuti e nessun ospite ha detto una cazzata sufficientemente grossa? È la tragedia. Cruciani, querulo ma inconsolabile, è lì che pensa con sgomento: “Se continua così Dago non mi riprende”, “Che mi invento per finire sul Fatto?”, Come faccio se Facci non mi impazzisce?”. Probabilmente, per affogare la frustrazione, in quei momenti Cruciani picchia David Parenzo, e magari Parenzo ci sta pure, perché lui nella coppia è il bravo punching-ball di sinistra ma non troppo. L’amico deriso e disgregato, come il fratello figlio unico di Rino Gaetano.
Chi critica Cruciani perché è antipatico – e gli piace tantissimo esserlo – ne sottovaluta il talento. In tivù soffre, in radio si esalta. Ha i tempi giusti, la voce giusta, la prontezza giusta. Solo che è vittima non tanto del suo ruolo, ottimamente fotografato da Andrea Perroni su Radio 2 Social Club, quanto della fregola di poter poi dire a fine puntata: “Visto? Anche stavolta Salvini l’ho fatto sbroccare, ha pure detto che Renzi è un infame”. Lui si eccita (anche) così.
Le puntate de La Zanzara seguono un plot consolidato. A Cruciani non frega nulla della politica: da buon ex radicale è un trasformista dichiarato che pilucca di qua e di là in base al proprio tornaconto. Una sorta di Capezzone, però bravo e consapevole. Cruciani ha un unico obiettivo: portare chi parla con lui a dire una frase che, subito dopo averla pronunciata, l’ospite non ridirebbe mai. Neanche sotto tortura. Ma non è facile, perché se Salvini non aspetta altro, molti altri sono più guardinghi e timorosi. Addirittura politicamente corretti, che è per Cruciani la colpa più grave. Qualcosa di inaccettabile e anzi empio. Se gli racconti che hai appena sgozzato tre cani si esalta (“Ecco, questo è interessante”), ma se ti azzardi a dire “Non bisogna essere islamofobi” lui sbotta subito (“Che palle”, “Che banalità”, “Come sei noioso”). Cruciani è sadico, va di fretta e non ama le convenzioni: la sola frase “Ciao Giuseppe” lo esaspera.
Quando si annoia, cioè quasi sempre, parte con il mugugno monosillabico: “Seee” (vuol dire “sì”), “Uhm” (vuol dire “sto per attaccarti in faccia”). Cruciani è poi maestro nell’escalation ad minchiam. Se uno dice “Con mia moglie ho litigato”, parte con “Quindi volevi ammazzarla e poi eviscerarla?”. E se un altro afferma “Non mi convince questo decreto”, riassume così: “Quindi tu vuoi morto Renzi, vero? Di’ la verità: tu vuoi che Renzi crepi perché è un cretino. Dillo. Non c’è niente di male, va benissimo”. E mentre Cruciani si immagina già l’apertura su Dagospia, l’altro balbetta: “Veramente io volevo solo dire che…”. Assai sobria la reazione crucianica: “Sì, va be’, mi hai rotto i coglioni. Ciao”. Quando non ci sono Buonanno da spremere e nessun Barca è caduto in uno scherzo, Cruciani si arrabatta come può. Esempio: gli animalisti dicono che mangiare il coniglio è crudele. Lui, gasatissimo, si presenta in redazione con un coniglio morto, lo fa cucinare e lo mangia in diretta. Poi, eccitato per la provocazione (che è per lui la migliore delle masturbazioni), gioca al martire. Dà la parola a qualche carnivoro invasato. Sfotte “la vegana che dorme con la gallina”. E telefona a uno che l’ha insultato sui social, convinto di dominarlo con agio. Capita però talvolta che l’insultatore, animalista e fresco di un “Cruciani va bruciato” su Facebook, si riveli al telefono più scaltro di lui. E Cruciani ci rimane male, perché perdere non gli piace. Poi però riparte, orgogliosamente amorale e parrebbe anaffettivo. E nel ripartire preme l’altro grande pulsante crucianico: il sesso. Cruciani adora passare per playboy, ripete trenta volte a puntata che lui va “con le puttane” e spera sempre che un’ascoltatrice lo chiami per raccontargli che lei si masturba tantissimo.
È la gioia suprema crucianica: “Bè qua siamo al top, vero Parenzo?”. E qui Parenzo fa ogni volta la parte del bigotto più bacchettone della Binetti, roba che a sentirlo scandalizzarsi di tutto vien voglia non solo di dar ragione a Cruciani, ma pure di concedersi una sessione di sei ore su Pornhub. Intanto Cruciani è tornato incontenibile. Racconta nei dettagli la storia avvincentissima di una pornostar che non può fare l’amore perché ha problemi alla vagina (“Capito Parenzo? Una pornostar che non può sco-pa-re. Questo è molto interessante”). Difende i diritti degli omosessuali (“Sì insomma i froci, capito Parenzo?”). Lascia intendere di amare ogni perversione, perché lui è uomo di mondo (e comunque, almeno in radio, in confronto a Parenzo anche Orfini sembrerebbe Schicchi). Si dilunga con un ascoltatore fidanzato con una escort (“Cosa pensi quando lei si fa sbattere da un ciccione sudato e schifoso, sbam sbam sbam?”). E parla un’ora e mezzo di come una volta abbia contratto “l’epididimite, cioè l’orchite, insomma mi si era ingrossato un testicolo come un melone, capito Parenzo?”. E Parenzo ha capito. Ha capito benissimo. Ma avrebbe preferito il contrario.
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