di Gino L. Di Mitri
Giuseppe Diso: Campi (Olio su tela 20x20, collezione privata A. De Donno)
La pittura di Giuseppe Diso possiede una grande forza evocativa. Grazie ad essa, l’artista estrae dal teatro naturale del suo Salento forme e colori che si convertono, ai sensi dell’osservatore, in pregnanti sinestesie, in autentiche risonanze visive di scenari reali eletti a simbolo.
Ma pur partendo da questa dimensione concreta e quasi geografica dell’oggetto della sua pittura, Diso mira tutt’altro che a tracciare paesaggi leziosi e figure di segno accademico: a lui non interessa una visione oleografica dello spazio e della persona; e non punta nemmeno a una concezione naturalistica del fare artistico, poiché la lettura del paesaggio o la stessa pratica del ritratto rifuggono in lui sia dalla tentazione documentaristica che da quella meramente exornativa.
Se, in effetti, la rappresentazione del paesaggio nella pittura salentina contemporanea non si sottrae al pregiudizio di un oleografismo di maniera, la pittura di Giuseppe Diso è invece contrassegnata dai tratti marcati di un’arte profonda e meditativa che intende ricercare negli scenari esterni le forme e le ragioni dell’interiorità. Sia pur ancorato a un robusto retaggio postimpressionistico, Diso sembra voler trascendere gli angusti limiti che la tela e la cornice impongono all’artista: egli conserva sì le coordinate consuete delle arti visive, ma il suo discorso va oltre la veduta o la rappresentazione per farsi metafisica: una metafisica molto particolare, in quanto non fa leva sulla pura cosa mentale, bensì sul portato oggettivo dello spazio e del tempo vissuti.
Scevra dai paradigmi del classicismo architettonico e dalle citazioni monumentali – e anzi caratterizzata da una fiera rivendicazione di identità locale non necessariamente circoscritta al mito rassicurante della ruralità – questa vera e propria metafisica del quotidiano si fa apprezzare per la sua sorprendente cifra stilistica in cui un segno ormai maturo e un’innegabile abilità nell’eleggere luoghi cari alla memoria concorrono a definire l’aura peculiare delle opere. Diso fa esplicito appello alla reminiscenza come risorsa espressiva. Di fronte alle campagne salentine e alle masserie protagoniste di questi quadri, si è magicamente rapiti al di fuori dell’esistenza ordinaria per transitare in un’atmosfera percorsa da ineffabili e vibranti nostalgie. Attraverso la dominante di colori caldi, soffusi di una solarità mai invasiva, e con accenti chiaroscurali pacatamente melanconici, Giuseppe Diso elabora un discorso artistico raffinato e suadente che, pur ispirandosi al comune senso delle cose, riesce a declinare pensieri per immagini e fa rinascere la natura dalla sua fissità tematica promuovendola a vitalissima forma significante.
C’è un fresco e sincero, ma nondimeno tormentato, disegno estetico in questo attingere al passato e alla natura più familiari per espandersi in concetti intimi e accorati: un programma espressivo tanto più convincente quanto più si consideri la spontaneità con cui qualsiasi pubblico che si ponga al cospetto di questi lavori, ne condivide l’essenza. E ciò denota il carattere universale dell’opera di Diso e il suo inserirsi meritorio nell’alveo della più alta tradizione pittorica italiana.
Cogliendo a piene mani materia ispirativa dagli scorci della sua provincia, egli è riuscito a comporre un proprio codice metafisico attualizzandolo rispetto alla condizione della soggettività contemporanea. Lo ha fatto, come si diceva, dotando di rara capacità persuasiva i fonemi segnici e cromatici che formano il suo stile ineguagliabile.
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