Io di solito non commemoro è una roba che detesto perché la vedo fare da gente che poi non dà seguito alle parole. Allora le commemorazioni le ho abdicate.
Ma queste parole di Giuseppe Fava ammazzato il 5 gennaio nel 1984 e che ritrovo sul blog di Piero Ricca sono troppo attuali, troppo calzanti, troppo vere.
Scommetto che si diceva di Fava che era un gran rompicoglioni. Come lo dicevano di Pasolini. E di Falcone. E di Impastato. Rompicoglioni, tutti questi rompicoglioni che non sapevano stare al mondo, che si incazzavano, che si indignavano, che picchiavano i pugni sul tavolo e dicevano: adesso basta. Dei rompicoglioni insomma.
“Io ho un concetto etico di giornalismo. Un giornalismo fatto di verità, impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo si fa carico di vite umane. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere”.
GIUSEPPE FAVA, ucciso il 5 gennaio 1984, ventotto anni fa.