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Giuseppe Samperi - Il miliardesimo maratoneta

Da Ellisse

Giuseppe Samperi - Il miliardesimo maratoneta - Ed. del Calatino, 2011 

Una poesia sulla scrittura, questa, o meglio una poesia s

giuseppe samperi - il miliardesimo maratoneta
ulla convinzione che la scrittura, intesa come oggetto  o metafora della vita per eccellenza, possa quasi sostituire il fatto (o rivestirlo poeticamente), parlando di sé stessa. Quasi una metapoesia.  Dico questo perchè i "protagonisti" principali di questa raccolta appartengono tutti al campo semantico dello scrivere, quasi tutti i fatti, gli eventi, le esperienze, gli squarci di paesaggio, quasi tutti i frammenti sono intinti nell'inchiostro, la maggiore ricorrenza di questo libro. In altri termini, come un indovinello veronese alla rovescia (ricordate? Se pareba boves, alba pratàlia aràba /et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba). Così ad esempio avviene che il confronto con il padre, in una delle sezioni del libro, sia tra vigna e righe, tra le coltivazioni e "l'incavo profondo del pozzo / dove intingere la stilo", tra la pigiatura dell'uva e quella della carta, col vanto della "gradazione alta dell'inchiostro". Analogamente si parla di "risacca del fondopagina", del "bagnasciuga della pagina", si parla di fogli, di "spiaggia d'avorio" e così via.

Non vorrei però dare un'idea limitativa di questa scelta metaforica, che invece va letta anche più in profondità. Mentre parla di sé (del suo "sè" più ampio) l'autore parla dell'alta considerazione della scrittura  e viceversa, in una continua osmosi di senso. Il nero dell'inchiostro è certamente anche quella zona oscura da cui trarre elementi di identità e campo di ricerca, la pagina è anche orizzonte e limite da valicare, linea di battigia contro cui si frangono le risacche del vivere e insieme hortus conclusus rassicurante in cui la scrittura può svolgere (o si spera che svolga) un suo ruolo salvifico e giustificatorio, avere una sua ragione. Questo lavorìo è sottrattivo e contratto, l'alleggerimento linguistico è costante, direi programmatico, disposto in sintagmi brevi e senza fronzoli che trovano esito in testi anche molto cortì, di una poesia lapìdea, dal tono a tratti categorico, aforistico, ma di efficace suggestione, di sintesi però invitante, che assomiglia tanto al carattere isolano. Se c'è un dubbio è che poi la scrittura non basti, possa non farcela, assomigli - quando c'è sconforto - a "scolatura che rimane / dagli accurati strappi" o all' "inutile / inchiostro che non aspetta / che ti si riscaldi il latte", come dice alla madre, come dice a quel dolore per cui "questo inchiostro non ha / fotogramma d'animo", forse quindi non ha forza iconica sufficiente. Il dubbio, intendiamoci, è dell'autore (ma come rinunciare all'unico strumento, seppure con i suoi limiti, che ha il poeta?), non del lettore. Al lettore semmai rimane la curiosità o la speranza di vedere Samperi, con questi mezzi, all'opera anche su testi di più ampio respiro. Da maratoneta, appunto. (g.c.)


da Isola d'inchiostro
Regalo questo inchiostro,
scolatura che rimane
dagli accurati strappi.
Miliardesimo maratoneta
ciò che devo ripescare
è il battito. Il verso
come un dono: nessun prezzo
aggiuntivo al prezzo
che ho pagato.
***
Climax
più che mai sento
la perdita
quel continuo nella vita
ladrocinio delle suole.
***
Distanze incommensurabili
le curve della riva
dal dorso delle acque.
Chilometri imprecisi
d’arbusti, ramoscelli …
Eppure pochi centimetri
questa chiazza d’inchiostro
da ciò che la contiene.
***
Lasciare a malincuore
i ciottoli color cartone
lasciare il giocotondo il vizio
malattia e salute
a girotondo d’acqua.
Lasciarla è doveroso:
questo delirio
in me s’è dilatato
ben oltre la risacca
del fondopagina.
da Suite per Orietta
È questo
mio lasciarti andare
dove il nero non osa
farsi filospinato.
Terra arsa in aspetto
solco
a pancia in su
a limitare del pozzo.
***
È ora che ti accompagni
al giro di boa:
dove si fa grano
e di timoroso rispetto
esilio
l’irriverente inchiostro.
E che tu mi accompagni
oltre la soglia delle sere,
brunite le isole-chimere
echi di terraferma
dove uomini hanno grandi le mani
e segni di zolle bianche
fra le dita.
da A spillo di corazza
Il dolore scompone
la più piccola scheggia di un suono.
Quest’inchiostro non ha
fotogramma d’animo.
***
Madre qui fuori fa freddo
gli uomini indaffarati non hanno
sfarzo di fermarsi sui fogli
a diventarne fragili.
Le guerre iniziano
prima della lotta
e a far guardia fra i carri
l’aurora è umido che assale.
Lasciami tranquilla
nelle ore che a spillo di corazza
mi incidono i versi.
da D'inchiostro e carta
Quando te ne sei andato
mi piacque credermi soldato.
D’inchiostro e carta
armamento a scudo
della forbice.
***
Il capo
adesso ero io, tu
dovevi in silenzio ammirare
la pigiatura della carta, con meraviglia
la gradazione alta dell’inchiostro.
***
Mi hai lasciato
senza più filari sfogli.
Potatura imperfetta
mi ritrovo
– farmi uomo e dal padre
padre –
chicco d’uva tra acini
e mi basto.
da All'aspro dell'arancio
Ognuno ha la sua maratona:
quella mia
tienila a mente col sorriso
del figliol prodigo
al contrario.
***
La morte
partenza o arrivo
sarai tu a capirlo.
Ma fossi nel dubbio
dai ogni forza
ai tuoi occhi, guarda
i colori dell’oltreasfalto
oltrepassato appena.
***
Dall’isola d’inchiostro evadi
– semmai ne fossi prigioniero –,
è un’isola che inabissa
in danze di rovescio.
La drittura del cammino impone
sandali e gelidi piedi
sulle acque ferme
a cuor di terra.
***
Adesso è quasi l’ora
del tuo battito. Pulsa
la fonte,
le dita
non a lapis ma a carne,
il fremito del polso
e prepari il piede
sulla linea.
Giuseppe Samperi è nato a Catania, vive a Castel di Iudica. Laureato in Lettere Moderne, dirige le “Edizioni del Calatino”(già “Samperi editore”). Ha esordito nel 1999 con una plaquette di versi in dialetto, Sarmenti Scattiati (Catania, Prova d’Autore), opera finalista al “Vann’Antò-Saitta” e vincitrice dei Premi “Città di Marineo”,“Anteka Erice”,“Ignazio Buttitta”. Nel 2002 pubblica la silloge Aria sbintata (in Chiana e Biveri, ibidem).  Sue poesie e racconti sono presenti in antologie e riviste letterarie.

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