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Antonio Caiazza con questo suo libro pubblicato nel 1986 tira fuori «dal fondo delle memorie sepolte e dalle ingiallite e polverose carte d'Archivio»una pagina dimenticata del nostro passato, come scrive nella sintetica e pregnante premessa. Con un paziente lavoro di mosaico elaborato principalmente dalle carte dell'Archivio di Stato e del Tribunale Civile e Correzionale di Salerno, viene documentata la lotta capeggiata dal capobrigante legittimista Giuseppe Maria Tardio contro i piemontesi che avevano ingannato il popolo meridionale non mantenendo la promessa della tanto bramata lottizzazione delle terre. Teatro delle imprese fu il Cilento e il resto della Provincia del Principato Citra, con capoluogo Salerno.Giuseppe Maria Tardio nacque primogenito a Piaggine Soprane, nel cuore del Cilento, il 1° ottobre 1834 da una famiglia di modesti contadini. Caso raro in quell'epoca e per provenienti da famiglie come la sua, frequentò il Real Liceo di Salerno fino a conseguirvi il dottorato in giurisprudenza. Gli altri due suoi fratelli e la sorella restarono analfabeti.Originariamente fu di sentimenti liberali. Regnando ancora i Borbone partecipò a manifestazioni a favore dei Savoia e per questo fu arrestato. Tornato in libertà nell'agosto 1860 avanzò domanda per essere nominato Ispettore di Polizia. Cambiato il Governo, per i piemontesi le persecuzioni subite sotto i Borbone furono atti di merito per far accogliere la sua domanda. Ma non se ne fece nulla. La sua origine plebea dava fastidio agli agrari borghesi, che ordirono una congiura e lo fecero arrestare. Dopo 15 giorni riuscì a fuggire. In questi pochi giorni di prigionia avvenne una profonda metamorfosi in Giuseppe Tardio. Vedendo i vecchi e nuovi borghesi e agrari schierarsi col nuovo Stato per conservare gli antichi privilegi di classe, fece la scelta di mettersi dalla parte dei legittimisti per il ritorno dei Borbone e di sostenere la spartizione delle terre ai braccianti, lottando contro i moderati parassiti e sfruttatori.Il grande puzzle della ricostruzione della gesta di Tardio è frutto della lettura dell'enorme mole di fascicoli della lunga fase processuale che durò 15 anni. Come in ogni processo sono da prendere con molta cautela le dichiarazioni degli imputati. Scremati da queste restano però i fatti.Tardio ordì e portò a compimento, dal 1861 al 1863, varie imprese nel territorio cilentano occupato dai piemontesi. A Roma, dopo aver ricevuto il consenso di Francesco II e aver trovato scarsi finanziamenti, arruola un gruppo di "volontari" per compiere una spedizione reazionaria nel Cilento.All'alba del 18 settembre 1861, su di un battello, Tardio parte dal porto di Civitavecchia a capo di 32 uomini che conosceva appena; erano disponibili 27 fucili, alcune baionette, qualche mazzo di cartucce. Dopo 4 giorni di navigazione, nella notte tra il 21 e il 22 settembre, sbarcarono nei pressi di Agropoli, distante circa 40 chilometri da Salerno. L'intenzione di Tardio era quella di assaltare il suo paese natale, Piaggine Soprane, uccidere il Sindaco e il Capitano della Guardia Nazionale, saccheggiare le case dei liberali. Ma il piano fallì. Anche perché molti uomini, che in un primo momento la avevano seguito, lo abbandonarono non appena sbarcati. Tardio, che aveva con sé non più di una ventina di uomini, venne dato per spacciato e sconfitto. Ma questo fu un grosso errore. Il Piagginese aveva una resistenza immensa e risorse imprevedibili. Durante il lungo inverno prepara imprese che avranno grande successo.Intanto i "liberali", tessendo trame e intrighi, approfittarono della confusione creata dallo sbarco di Tardio per saldare vecchi conti personali. Molti furono gli arresti.Nel dicembre 1861 a Tardio si aggregò Pietro Rubano di Piaggine Sottane, che aveva operato in Basilicata con la banda Crocco, divenendone il braccio destro. Dal 2 al 9 luglio 1862 Tardio invade i seguenti paesi e frazioni, abbattendo gli stemmi dei Savoia e i ritratti di Vittorio Emanuele e Garibaldi al grido di "Viva Francesco II": Massicelle, Futani, Abatemarco, Foria, Licusati, Camerota, Marina di Camerota, Lentiscosa, Celle, Alfano, Caselle. Gli assalti e le invasioni di questi centri abitati ebbero modalità comuni: gli abitanti accoglievano quasi in trionfo i briganti, gli amministratori comunali furono generalmente conniventi o comunque reagirono con estrema debolezza contro i briganti, le Guardie Nazionali scappavano prima dell'arrivo dei briganti, briganti e abitanti saccheggiavano e devastavano le case dei ricchi borghesi. La banda di Tardio raggiunse in alcuni momenti il numero di 200 componenti.Intanto l'esercito piemontese con un immenso dispiegamento di forze stringe il cerchio intorno a Tardio. che è costretto a ripiegare. Nell'ottobre 1862 tuttavia la banda Tardio riesce ancora ad invadere con successo i Comuni di Sacco e Corleto.Nel successivo inverno Tardio si eclissa. E' nuovamente attivo con la sua banda nel cilentano nel giugno 1863. Invade Campora, Stio, Gorga, Magliano Grande. Le imprese di Tardio finirono con la battaglia persa contro l'esercito piemontese in quest'ultimo abitato.Tardio riuscì a fuggire ed esulò a Roma, dove rimase in libertà fino alla conquista nel settembre 1870 dello Stato Pontificio da parte dei piemontesi. Arrestato fu rinchiuso nelle carceri criminali di Roma. Fu poi trasferito nelle carceri di Salerno per il processo. Fu prima condannato a morte nel 1872 e poi nel 1876 la condanna fu permutata alla pena dei lavori forzati a vita. Venne trasferito nel carcere dell'isola di Favignana (Trapani), dove muore il 13 giugno 1892.Caratteristica del libro è la presenza di una stragrande presenza di nomi, appartenenti a tutti i ceti, che hanno parteggiato per i briganti. La rivolta dei briganti e di chi l'appoggiava fu corale.Il libro porta un'interessante prefazione di Franco Molfese.Rocco Biondi
Antonio Caiazza, Giuseppe Tardio. Brigantaggio politico nel periodo postunitario in provincia di Salerno, Tempi Moderni Edizioni, Napoli 1986, pp. 356
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