Di Consiglia Grande. Continua ad essere problematica la vicenda di Giuseppe Uva, fermato dai carabinieri, a Varese, la notte del 14 giugno 2008 alle ore tre, deceduto poco dopo, all’ospedale di Circolo, a causa delle vessazioni subite ad opera del personale dell’autorità giudiziaria e per la somministrazione, da parte dei medici, di farmaci e sedativi incompatibili con la quantità di alcol ingerito quella sera stessa.
Dopo sei anni, la verità è ancora lontana: ieri, lunedì 30 giugno, si è tenuta l’udienza preliminare a carico di quei sei poliziotti e un carabiniere, sospettati di aver massacrato considerevolmente il malcapitato ubriaco quella lontana notte del 2008. Il palazzo di Giustizia di Varese era presidiato da centinaia di manifestanti, appartenenti alle associazioni più disparate: qualcuno del movimento No Tav, altri de la Tavola della pace; chi dell’Amnist International e del Comitato dei cittadini contro la malagiustizia; presente anche Alberto Biggiogero, amico di Uva, con lui quella notte. Tutti sono accumunati dalla necessità e volontà di rivendicare un concetto di Giustizia, che al giorno d’oggi, nella pratica, sembra completamente negato.
In precedenza gli unici indagati erano i due medici che avevano somministrato farmaci e sedativi a Uva proprio quella notte. Successivamente vi fu l’imputazione coatta da parte di un altro giudice ( prima Agostino Abate, su cui ora pende un procedimento disciplinare, poi Felice Isnardi) e il cambio dell’accusa nei confronti, stavolta, di quelle tanto diligenti forze dell’ordine, che avevano trattenuto Uva in caserma.
All’attuale Gup Stefano Sala è chiesto di decidere le sorti del caso: il giudice dopo il ritiro in camera di consiglio, ha dato appuntamento da lì a mezz’ora e anche in quel caso la risoluzione è stata deludente. Ritenuto che non sia possibile assumere alcuna decisione in merito alla richiesta di rinvio a giudizio a fronte di un processo magmatico e spesso contraddittorio (…), sussistono temi e profili di indagine assolutamente determinanti che non sono stati oggetto di proficuo ed adeguato approfondimento investigativo, pronuncia Sala nella lettura del dispositivo di rinvio a giudizio. Inoltre richiede, nuovamente, la testimonianza dell’amico Biggiogero, presente con Uva al momento del misfatto. Appare pressoché incomprensibile come in un giudizio persistente da ben sei anni, si abbia ancora qualcosa da accertare.
Questa vicenda sembra Beautiful ha affermato Lucia Uva, sorella del malcapitato, in preda all’esasperazione. Ma lo stesso legale della famiglia, Fabio Anselmo non frena il proprio sconcerto: ‘Mi chiedo dopo sei anni chi dobbiamo ringraziare per la situazione che si è venuta a creare’.
Non ci resta che attendere l’audizione di Biggiogero il 14 luglio, data della prossima udienza.