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Si sarebbe dovuto chiamare Riccardo III, da un dramma di Scribe, sempre saccheggiato dagli operisti dell'800; avrebbe dovuto ambientarsi nella controversa Europa che aveva già visto i moti rivoluzionari, nel continente delle guerre d'indipendenza italiane e dei fermenti germanici. Non era possibile e Verdi - col suo librettista Antonio Somma - decisero di spostare tutto oltreoceano (per quanto vi faccia capolino il ritorno in Europa in un momento cruciale della storia). Così, nella fredda e misteriosa, inglesissima, Boston, si dipanano le vicende di fedeltà e di amore, all'insegna dell'inatteso tradimento. Il nodo che lega Riccardo (tenore) e Renato (baritono) sembra essere quello di un'amicizia che non conosce confini, sennonché il primo si innamora di Amelia (soprano), moglie del secondo, e, ahinoi, è ricambiato: lo schema del dramma operistico è rispettato nella sua essenza fatale. Ma un contralto, l'indovina Ulrica, rivela l'esito della vicenda: Riccardo sarà ucciso da colui che per primo gli stringerà la mano, come se - nel confermare un rapporto, un patto d'amicizia - si firmasse in realtà una condanna a morte.
In tre atti, Un ballo in maschera è, insieme, un melodramma sul più stretto solco della tradizione e un'opera fortemente diversa sul piano musicale. Scritta tra il meraviglioso Simon Boccanegra (e il rifacimento dello Stiffelio in Aroldo) e La forza del destino, quest'opera - rifiutata dapprima dal teatro di Napoli - lascia al pubblico tutto lo spazio necessario a stupirsi, ma gli conferma insieme gli abissi di un mondo oscuro addomesticato dalla tradizione e le svenevolezze piuttosto ruffiane del sentimento italiano. Insomma: è un capolavoro irrinunciabile per chi si vota o anche solo si avvicina al mondo della lirica. Fa piacere, dunque, che un caposaldo dell'opera venga venduto a un prezzo davvero popolare in edicola, senza rinunciare a un preciso impianto didattico. Lo spettacolo, infatti, è preceduto da una rapida sinossi della trama, corretta e chiara, che ricorda molto i cappelletti introduttivi del canale Classica ed è d'aiuto al novizio, oltre a favorire perfino il melomane più incallito nell'intento ritagliarsi questo spazio e concentrarsi.
In merito all'esecuzione, poi, direi che le aspettative sono state confermate. Star della "serata" è il Riccardo di Francesco Meli, è una certezza: tenore corretto e molto espressivo, che non strafa e ha il timbro giusto e il carattere adatto al ruolo, oltre a una discreta sicurezza scenica. Accanto a lui, il Renato di Vladimir Stoyanov, che non avevo mai sentito, ricorda un po' Nucci, ma ha forza e personalità sue. Meno convincente, a mio avviso l'Amelia di Kristin Lewis: anche a ignorare l'incongruenza scenica (non è la prima, né l'ultima donna di colore protagonista in un'opera dove si parla di immondo sangue dei neri), la Lewis si limita a cantare, corretta e in certi momenti molto brava, ma impassibile e impersonale, nel complesso fredda. Per parte sua, invece, forse un po' troppo vibrata - e di timbro un po' chiaro per la parte - l'Ulrica di Elisabetta Fiorillo, che però conduce a termine la sua parte senza sbavature e con una sostanziale coerenza di fondo. Dopo un'inizio un po' incerto, ho apprezzato parecchio l'Oscar di Serena Gamberoni, che, col suo fare dinamico e aggraziato, ha conferito all'allestimento spigliatezza e inattesa eleganza (senza l'isteria che spesso caratterizza il personaggio).
Alla direzione dell'Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma - per ovvie ragioni legato indissolubilmente a Verdi - un Gianluigi Gelmetti davvero in forma, che sa dare il giusto risalto timbrico nella complessa partitura sonora, pur con tempi veloci - qua e là davvero troppo - che ha scelto per l'esecuzione. Il direttore romano sostiene bene le voci e la scena, regalando soprattutto buoni momenti orchestrali. Al suo fianco, nella direzione dello spettacolo, una regia di Massimo Gasparon senz'altro poco originale (oggi qualcuno direbbe magari "per fortuna"), e tuttavia fedele alla lettera e alla sostanza, nonché rispettosa della natura musicale (e non solo scenica) dell'evento. Nell'insieme, un DVD davvero interessante, date - e oltre - le premesse, sicuramente un validissimo approccio all'opera di Giuseppe Verdi.
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