Delitto Meredith, la sentenza d’appello assolti Amanda Knox e Raffaele Sollecito – Corriere della Sera. L’assoluzione di Amanda Knox (a parte il reato laterale di calunnia ai danni di Lumumba) e Raffaele Sollecito fa innanzitutto giustizia di un inganno: gli emuli italiani di Grissom e company, ossia i nostri reparti investigativi più a contatto con autopsie, impronte digitali, macchie di sangue e DNA, hanno ancora molta strada da fare. Non c’entrano gli occhioni umidi di Amanda o l’aspetto da Clark Kent di Raffaele, l’impianto dell’accusa era, francamente, confusionario.
D’altronde un colpevole dell’omicidio di Meredith Kercher già c’è: Rudy Guede. E sta scontando la sua condanna. Forse a certi miei compatrioti, solidali a senso unico, pare impossibile che un riconosciuto colpevole sia afro-americano, mentre un’odiata yankee esce di carcere dopo quattro anni di galera (si attendono risarcimenti milionari e su questo punto gli americani sono inflessibili).
C’è ancora il passaggio in Cassazione. Vedremo cosa succederà. A chi scrive, innocentista della prima ora sul cosiddetto “caso Cogne”, fa tuttavia piacere che dagli Stati Uniti e dal Regno Unito (i familiari di Meredith) sia venuta una lezione sul comportamento da tenere di fronte a una sentenza: pianti e abbracci per chi ha vinto, silenzio per chi ha perso. Le urla “Vergogna!” che provenivano dalla piazza erano dei soliti imbecilli. Gli italiani, ovviamente.