“Giustizia è lasciare tutti equamente insoddisfatti” ed aggiungo “Giustizia è tagliare dove si deve e non dove conviene a chi taglia”
Ciao amici, il titolo di oggi non promette nulla di buono ma è quello che di meglio sono riuscita a tirare fuori dal cilindro.
L’Italia risulta essere tra i paesi dove è ancora sempre troppo alto il tasso di incidenti sul lavoro, vere ed autentiche tragedie quando questo indice diventa causa di morte, eppure non è in cima alla classifica tra i paesi dell’unione europea.
Abbiamo appena assistito alle ennesime dichiarazioni di incidenti mortali, le vittime sarebbero tre operai deceduti per effetto di gas tossici ed uno straziato da una pressa.
Quando questo accade (e non dovrebbe mai accadere) si urla allo scandalo ma purtroppo è ancora troppo basso il livello di formazione e di coscienza antinfortunistica dei lavoratori e delle logiche imprenditoriali; in questo caso sembra che i detti operai (quelli morti per le esalazioni) non avessero adottato le normali e prescritte norme di prevenzione, ma se anche così fosse, questo non solleva nessun dirigente dal sentirsi chiamato a istruire in modo serio e sostanziale sui pericoli che i suoi dipendenti corrono nel non attendere a certe inderogabili prassi di sicurezza.
A tal proposito vedasi l’articolo di rassegna.it sul tema degli infortuni sul lavoro che illustra lungamente gli indici di mortalità e di lesioni permamenti o temporanee.
Non mi sbilancio sul grado di disoccupazione che non risulta essere affatto un problema solo italiano, se si prende visione delle statistiche a livello europeo e non solo, ma è pur vero che è spiccatamente nostra la disoccupazione giovanile, tra le più alte dei paesi dell’Euro.
E’ pur vero che è tipicamente nostra l’arte dell’arrangiarsi, del saper fare da sé, ma questa caratteristica più che aiutare una nazione a progredire aiuta le singole persone a sopravvivere, che comunque non è poco.
Il precariato, ahime, è forse invece il vero tasto dolente che ci riguarda; se si consultano gli indici degli altri paesi possiamo vedere che solo in Italia abbiamo un folto e storico gruppo di assunzioni a tempo determinato nel mondo della scuola che tocca vertici pressoché vergognosi, basta consultare anche l’articolo di Paolo Fasce intitolato Scuola: il punto (e croce) che illustra egregiamente la condizione della città di Babilonia che sarebbe il maremagnum delle nomine agli insegnanti.
Personalmente non posso che fare queste riflessioni:
- Dovremo chiamarci un popolo di coglioni visto che ci va bene questo governo che ha messo la scuola italiana in ginocchio a vantaggio di quella confessionale
- Dovremo chiamarci un popolo di cretini visto che non sappiamo avere un senso critico sufficiente a capire che da questa situazione se ne deve uscire ed anche a gambe levate, prima che diventi cronica ed insanabile
- Dovremo chiamarci un popolo di imbecilli se continuiamo a tenerci le fette di salame sugli occhi lasciando che i più incompetenti ministri che si possano immaginare continuino a propinarci le loro storielle ben costruite e ben architettate che hanno il solo scopo ottimamente riuscito di metterci l’uno contro l’altro, di far vedere l’ostacolo dove non c’è, di disorientare le comprensioni delle questioni reali.
Le questioni reali sarebbero le sempre note, ossia riforma del sistema fiscale, riforma del sistema elettorale, riforma della giustizia, lotta alla criminalità organizzata, tutela della sicurezza.
Abbiamo forse visto un cambiamento significativo in uno solo di questi campi? Forse qualcosa di buono è stato fatto, non si vuole essere genericamente disfattisti e poco obiettivi, ma è giudicabile insufficiente dopo due anni di governo effettivo.
I soli interventi che di certo non sono mancati sono stati appunto i tagli operati a danno di tutto il settore pubblico, nessun ambito escluso.
Scusate il linguaggio poco diplomatico e fuor di metafora, ma non siamo stanchi di leggere su ogni giornale con un proprio senso critico e su ogni blog con un altrettanto punto di vista oggettivo che tutto questo va in qualche modo risolto, va in qualche modo affrontato in modo radicale?
Non sto parlando di sporca politica, non sto parlando di sindacato, non sto parlando di adesioni verso un partito piuttosto che verso un altro, sto parlando di giustizia sociale e di futuro del paese e di futuro per i nostri giovani che invece o preferiscono andare all’estero o rimangono spesso senza una seria occupazione.
Lo so, c’è un mondo di piccoli dirigenti, di piccoli imprenditori autonomi, di artigiani laboriosi ed indefessi che hanno da sempre lavorato e che ogni giorno lavorano senza privilegi, senza tutela alcuna, e che per questo difficilmente comprendono le logiche del lavoro fisso, del lavoro sicuro, alle quali logiche sembrano ubbidire proprio gli insegnanti e tutto il mondo del settore pubblico in genere, ma bisogna che questo mondo straordinario ed altrettanto prezioso comprenda che chi lavora per lo Stato o per lo sviluppo del paese non è un numero che possa essere cancellato solo perché così vien comodo a chi governa, per il puro soddisfacimento delle proprie logiche di palazzo.
Lo so, c’è un sindacato disunito che si dimostra totalmente incapace o quasi di difendere quei cosiddetti privilegi conquistati invece duramente sul campo al prezzo di lotte intestine e di delitti efferati; lo so, ci sono le colpe delle politiche passate che gravano sulla situazione di oggi come macigni, e che non possono essere smussate con facilità, né in tempi brevi, né senza gravose conseguenze, ma tutto questo non cambia di un solo millesimo quello che è la verità, quello che è lo stato dei fatti.
Lo stato dei fatti è che le nostre famiglie avranno per i loro figli quest’anno un’offerta formativa gravemente insufficiente, a dispetto di quello che viene invece garantito ed assicurato su certi media (e se si pensa che il livello di progresso di una nazione si misura sul suo livello di educazione e di istruzione formativa…) ; lo stato dei fatti è che sono stati operati vergognosi tagli là dove non si sarebbe dovuto, lasciando intoccati o quasi, tutti quei privilegi che rimangono il solo vero difetto e la sola prima vera grave palla al piede d’Italia.
E quando torneremo a votare, perché prima o poi ci ritorneremo (più prima che poi) che cosa voteremo ancora? Agli italiani la scelta di cui saranno come è ovvio i veri responsabili.