Giustizia, la riforma che non potrà attendere

Creato il 01 febbraio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Alberto Giusti

C’è un tema in Italia, a lungo dibattuto, che ha assunto i contorni dell’intoccabilità, a causa del suo protagonista di lunga data, che si è eretto primo avversario di un intero settore dello stato, e anche a causa dei nemici di quest’ultimo, dipinti spesso dai media e da alcuni movimenti politici come i salvatori della patria, possessori della bilancia divina. Il tema tanto discusso, quanto tabù, è la giustizia italiana. E la sua riforma.

La settimana scorsa, ricorreva l’inaugurazione dell’anno giudiziario. In tutte le sedi, i Presidenti della Corte d’Appello hanno denunciato alcune storture del sistema, quelle che saltano agli occhi perché statistiche. L’Italia al primo posto in Europa per processi che vanno in prescrizione; l’Italia all’ultimo posto in Europa per la velocità di risoluzione dei processi; l’Italia condannata per il disumano sovraffollamento carcerario.

Foto: southernfriend / Morguefile

E questi dati, rilanciati in tutto il paese, sono solo una parte del problema. Il tema più oscuro, quello più politico, quello più osteggiato, è la responsabilità dei magistrati. Non ci sono infatti statistiche alla luce del sole su quanti siano i procedimenti iniziati che si risolvono con un nulla di fatto, o quanti siano i cantieri di opere pubbliche e private che vengono bloccati per anni per accertare violazioni, denunciate, che poi si rivelano inconsistenti. O ancora, quanti anni in carcere devono passare persone innocenti, in attesa di giudizio. E per il momento, nessuno ha fatto uno studio calibrato sul numero di scandali fatti esplodere dalla magistratura in momenti caldi della vita politica del paese. Il Monte dei Paschi di Siena, con i suoi problemi noti da anni ma che vengono fatti saltare in aria a un mese dalle elezioni, ne è l’esempio lampante, così come lo sono stati altri scandali che hanno coinvolto Silvio Berlusconi. O potremmo anche domandarci se mai qualcuno è stato punito o sanzionato per aver diffuso intercettazioni, materiale d’inchiesta a procedimento in corso, e altre informazioni sulle quali i giornali hanno spesso speculato per settimane, scatenando il classico processo mediatico. Ma è un do ut des: io ti passo il tuo pane quotidiano, tu evita di controllare se faccio bene il mio lavoro. Torna alla mente quella vecchia domanda: qui custodiet ipsos custodes?

La magistratura, le cui prerogative sono sancite dalla Costituzione, è andata assumendo una posizione sempre più forte nella storia della nostra Repubblica. Le sono stati dati i poteri per combattere ogni emergenza, che questa si chiamasse terrorismo, mafia o tangentopoli. I suoi interpreti hanno imparato a gestire il loro più fido alleato, il mondo dei media, e a questi hanno dispensato informazioni, facendosi al tempo stesso raffigurare come i paladini dell’onestà. Ebbene, nella Seconda Repubblica, la magistratura ha trovato il suo miglior alleato per la conservazione: Silvio Berlusconi. L’ex premier infatti ha più volte dichiarato, e talvolta seriamente tentato, di portare a compimento una riforma del nostro sistema giudiziario. Ma la credibilità nel proporre una tale riforma da parte di chi è costantemente sotto processo per i reati più vari è pressoché prossima allo zero, e anche quando Berlusconi ha avuto i governi più stabili e le più grandi maggioranze nella storia di questo paese, non è riuscito a portare avanti il lavoro sulla giustizia per mano dei suoi stessi alleati, che tuttalpiù gli hanno concesso qualche norma per la salvaguardia di se stesso.

Se è vero che i tempi stanno per cambiare, forse è arrivato il momento di prendere in mano la situazione e affrontare i tanti problemi del nostro sistema giudiziario in maniera meno emotiva possibile, come invece si è tentato di fare in passato. Con un occhio anche al dato, spesso citato, che la lentezza della giustizia è un limite anche per lo sviluppo economico: la strada per la crescita e la rinascita del paese passa anche dalle aule di tribunale. Il centrosinistra, che governi da solo o in coalizione, non potrà esimersi dall’affrontare l’argomento, consapevole che potrebbe essere bombardato dai più grossi scandali della Repubblica dai tempi della P2.


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