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In una Parigi dove le polemiche sembrano essere chiassosamente di casa, soprattutto dopo gli exploit “a gruviera” di Rick Owens, anche la collezione di Givenchy, pur per motivi diversi, non mancherà di suscitare qualche commento al vetriolo; commento che ci sentiamo questa volta di condividere però in pieno. La voglia di stupire, di creare sensazione e rubare magari un effimero titolo a caratteri cubitali governano sempre più spesso scelte e prese di posizione di Maison dal nome blasonato ma dalle collezioni a dir poco scricchiolanti. Il clamore, mai dimenticarlo, è un’arma pericolosa e quasi immancabilmente a doppio taglio. Un destino a cui non sembra certo sfuggire l’ultimo line-up di Givenchy. Un cocktail disordinatissimo di gonne abbottonate sul davanti (da portare naturalmente sopra i pantaloni), di fantasie orientali che danno luogo ad interi outfit di non facile collocazione (ci vengono in mente i maharaja di Ranchipur), di giubbetti di pelle nera da cui spuntano romantiche camicie bianche ma sgradevolissime code di opossum.
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