Drammone a tinte fosche e decisamente senza troppe speranze, Órói è ambientato in un’Islanda popolata da adolescenti perduti, figli di genitori distrutti.
Baldvin Zophoníasson disegna un panorama inquietante e devastante per un film forte.
Gabriel vive la sua tranquilla esistenza di adolescente islandese tra festini a base di sesso ed alcool, amiche che vogliono suicidarsi e famiglie distrutte da divorzi, fughe, madri alcolizzate e nonne fuori di testa.
La sua vita piatta e noiosa viene però sconvolta da un viaggio studio in Inghilterra dove conosce Markus (che vive a due passi da casa sua) col quale si instaura un legamen forte che si conclude con un bacio appassionato.
Al ritorno a casa Gabriel dovrà riconsiderare le sue priorità e soprattutto le sue emozioni.
Il panorama disegnato dal film è davvero desolato e desolante.
Ragazzi che in realtà provano a venir fuori da una vita assemblata malamente dalle loro famiglie ma che evidentemente sbagliano modi e tempi di ogni mossa.
Si intrecciano più storie.
Greta lascia casa e l’insostenibile compagnia della madre e prova scoprire chi è il padre, Stella deve sopportare una nonna più che assillante e lo fa cercando aiuto in Gabriel e in un ragazzo russo, poi c’è quello che tradisce continuamente la fidanzata andando a letto con tutti e lo stesso Gabriel con le sue difficoltà e le sue paure, che forse crescono ancora nel momento in cui capisce di essere gay.
E tutti loro passano le giornate sbronzandosi pesantemente e facendo sesso in maniera molto libera.
Sullo sfondo un paese silenzioso e cupo di cui non vediamo quasi nulla, isolato dal mondo, chiuso nella sua bolla.
Poi quel bacio improvviso cambia tutto, costringe Gabriel a riflettere e a trascinarsi dietro gli amici.
Ma prima della liberazione reale ci saranno ancora pesanti tragedie da affrontare.
Bravi tutti i giovani interpreti, è il caso di dirlo.
Puoi trovare in questo post tutte le recensioni del 27° Torino GLBT Film Festival.