Esco da una doppietta di pessimi romanzi che avrebbero fatto perdere la pazienza ad uno stilita. Rimando ad altro momento le considerazioni su “Il quinto Giorno” di Frank Schatzing (cognome talmente impossibile da memorizzare da costringermi a tatuarlo sull’avambraccio per essere certo di non incapparci più) e cercherò di concentrarmi su “Il Marchio del Diavolo”, recente fatica letteraria – si fa per dire, sia fatica che letteraria – di Glenn Cooper.
Dopo l’ultima pagina ho chiuso gli occhi, e devo confessare che la prima immagine scatenata dai miei neuroni sia stata una purissima citazione di Shining, con il vostro recensore nei panni di
Jack Nicholson sulle scale e con la stessa espressione oltre il limite della follia:
“Glenn… tesoro… luce della mia vita… non ti farò niente.. Solo che devi lasciarmi finire la frase… ho detto che non ti farò niente… soltanto… mi vuoi spiegare perchè uno che ha preso due lauree (piuttosto distanti fra loro, tra l’altro, medicina e archeologia), è stato A.D. di una azienda di biotecnologie, e ha dunque quoziente intellettivo sicuramente oltre la media, si ostini a scrivere ancora lo stesso identico libro?”
Se la “La Biblioteca dei Morti”, primo bestseller dell’autore, era apparso pervaso da una sua originalità, pur inserendosi nel filone del thriller storico-religioso a metà tra MedioEvo e giorni nostri che tanta fortuna ha regalato a Dan Brown, con i romanzi successivi la parabola si è fatta decisamente discendente, e tocca probabilmente con “Il Marchio del Diavolo” il suo punto più basso.
Intendiamoci, il libro si fa leggere ed è probabilmente già pronto per una sceneggiatura hollywoodiana, e non lo scaraventerei nel camino alla ricerca di un po’ di calore se non fosse per alcune agghiaccianti peculiarità, la più evidente delle quali è la sua straordinaria somiglianza con “La Mappa del Destino”. Una assonanza che finirebbe a colpi di denuncia e carte bollate, se non fosse che si tratta di due romanzi dello stesso autore, e salvo improbabili casi di sdoppiamento della personalità appare improbabile una causa per plagio “Glenn Cooper contro Gleen Cooper”.
Lo schema logico su cui poggia la trama ha infatti le medesime caratteristiche: lo sfondo di un evento soprannaturale che preannuncia il verificarsi di una profezia, codici apparentemente indecifrabili, una eterna lotta fra i buoni e i cattivi che produce quantità di cadaveri pari a quelli di un disaster movie e un colpo di scena finale che non sorprenderebbe neppure un lettore avvezzo solo alle fiabe dei Fratelli Grimm. Aggiungiamo che lo spessore dei personaggi è simile a carta velina ed ecco ottenuta la ricetta per un libro di alta classifica nelle graduatorie di vendita ma che ben poco lascia al lettore e alla sua memoria.
E mentre mi domando se avrò mai il piacere di godermi un libro di Glenn Cooper che non ricalchi decisamente i precedenti, infilo la testa tra le assi della porta divelte a colpi di ascia ed esclamo “Eccomi…. sono il lettore cattivo!”
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