Ormai il mercoledì mattina è diventato lo spazio abituale dedicato alle vostre recensioni.
Sandro ci racconta Gli Abbracci spezzati di Pedro Almodovar.
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Mateo Blanco diviene non vedente in seguito ad un’incidente d’auto a Lanzarote. Si trasforma da quel momento in Henry Caine per cancellare la propria vita precedente. Rimane vicino a lui Judit, la direttrice di produzione, ed il di lei figlio Diego.
Decide di ricostruire il mosaico del proprio passato e di raccontarlo solo quando non potrà più farne a meno. Il film, quindi, racconta questa passione, riservando anche siparietti divertenti, per esempio il film nel film Chicas y maletas.
Le immagini possono comunicare molto, ed uno spettatore attento noterà sicuramente grande differenza tra le immagini del film nel film, poi manipolate dal produttore e le stesse immagini montate in modo maggiormente professionale; o anche la differenza di queste con le immagini senza sonoro che il giovane Ernesto, figlio del produttore, gira sul set che necessitano di chi sappia leggere le labbra.
Il finale, come accade in molti film, spiega molti dettagli e rivela qualche sorpresa quindi lo lascio alla vista dello spettatore (facile immaginare, tuttavia, che Penelope Cruz spicca su tutti).
Peccato che in 125 minuti di film si proceda talvolta a singhiozzo, e che gli incastri tra presente e passato non riescano a seguire maggiore linearità. Peccato perché poi in diversi punti il film non è per niente male ma senza questo singhiozzare la qualità del film ne guadagnerebbe di sicuro.
Difficilmente lo spettatore risentirà della lunghezza del film se non forse nella parte più centrale, ma alla fin fine è un disagio superabile con un po’ di pazienza.
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