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Al di là di sei fiumi e tre catene di montagne sorge Zora, città che chi l’ha vista una volta non può più dimenticare. Ma non perché essa lasci come altre città memorabili un’immagine fuor del comune nei ricordi. Zora ha la proprietà di restare nella memoria punto per punto, nella successione delle vie, e delle case lungo le vie, e delle porte e delle finestre nelle case, pur non mostrando in esse bellezze o rarità particolari. Il suo segreto è il modo in cui la vista scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale nella quale non si può cambiare o spostare nessuna nota. L’uomo che sa a memoria com’è fatta Zora, la notte quando non può dormire immagina di camminare per le sue vie e ricorda l'ordine in cui si succedono l'orologio di rame, la tenda a strisce del barbiere, lo zampillo dai nove schizzi, la torre di vetro dell'astronomo, l'edicola del venditore di cocomeri, la statua dell’eremita e del leone, il bagno turco, il caffè all’angolo, la traversa che va al porto. Questa città che non si cancella dalla mente è come un'armatura o reticolo nelle cui caselle ognuno può disporre le cose che vuole ricordare: nomi di uomini illustri, virtù, numeri, classificazioni vegetali e minerali, date di battaglie, costellazioni, parti del discorso. Tra ogni nozione e ogni punto dell’itinerario potrà stabilire un nesso d’affinità o di contrasto che serva da richiamo istantaneo alla memoria. Cosicché gli uomini più sapienti del mondo sono quelli che sanno a mente Zora. Ma inutilmente mi sono messo in viaggio per visitare la città: obbligata a restare immobile e uguale a se stessa per essere meglio ricordata, Zora languì, si disfece e scomparve. La Terra l'ha dimenticata.
Italo Calvino – Le città invisibili, le città e il desiderio 3
Sono la parte complementare degli “album e i segni”. Si adagiano dove altri hanno lasciato traccia. Tanto quelli erano elementi di rottura e tradimento, tanto questi lo sono di continuità e restaurazione. Sono criticati per la loro banalità (presunta) o anche per il solo fatto di ricalcare pedissequamente il pensiero comune. Giudizi spesso fomentati da quella spinta rivoluzionaria che si pretende il Rock debba, per sua stessa natura, possedere ed esprimere. Non sempre è così. Né si vuole qui tessere un elogio alla mediocrità; ma piuttosto alla “medietà”. L’album piatto non stupisce né meraviglia; ma aiuta la conservazione di un genere, offre certezza del prodotto e fedeltà alla propria linea, che è poi fiducia e positività nei valori che trasmette. Sono pratici, comodi; sottili. Stanno ovunque, vanno d'accordo con tutto. Si possono fruire mentre si fa altro, basta un ascolto per farli propri. Alla fine delle consuete, consumanti giornate di lavoro, sono come la doccia fresca che ti rimette in sesto. Sopratutto: sono esattamente ciò che ti aspetti; album ruffiani. Ma ancora meglio: sono rassicuranti. Nessuna minaccia alla virilità, all'intelligenza, al credo religioso o politico. Come dei medicinali. Quindi occhio a non abusarne…
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