di Francesco Gori
Se dovessi trovare una parola da associare al cinema di Pedro Almodóvar, sceglierei sicuramente “colore”. E l’ultima fatica,Gli amanti passeggeri, è la conferma che questo “aggettivo” ben si addice al regista spagnolo.
Il film si apre con le figure di due attori che spesso hanno contribuito ai suoi successi, ovveroAntonio Banderas e Penelope Cruz; apparizioni fugaci e comiche nel ruolo di inservienti “pasticcioni”, che aprono al teatro della storia: l’aereo della compagnia Península. Un luogo dove l’intreccio relazionale, condito con l’elemento “sesso“, accompagna un viaggio che va dalla Spagna al Messico. In teoria. Perché un guasto al carrello (dovuto all’errore del duo Penelope-Antonio) costringe il comandante a cercare velocemente un aeroporto, per un atterraggio di emergenza. Il caos esterno si sommerà dunque a quello interno, in una serie di gag che scioglieranno lo spettatore.
Al centro delle avventure in alta quota sono i membri dell’equipaggio – i piloti Benito e Alex, e gli assistenti gay Fajas, Joserra e Ulloa – e i viaggiatori della Business Class. Mentre quelli della classe economica sono stati drogati a dovere dagli stewart, i passeggeri più facoltosi vengono intrattenuti a suon de Agua de Valencia (un cocktail a base di succo d’arancia, champagne, gin e vodka), con l’aggiunta dell’ingrediente segreto “mescalina” che, da stupefacente qual è, provoca in loro reazioni estranee alla personalità espressa, con dosi massicce di eccitazione e loquacità. Ed ecco che i vari Norma (amante di personaggi di spicco), Ricardo (attore con problemi sentimentali, diviso tra Ruth – la splendida Blanca Suárez – e Alba), Bruna (veggente ancora vergine), una coppia di novelli sposi, Infante (tenebroso killer), un banchiere coinvolto in affari loschi, sarannocostretti a confrontarsi col clima surreale – che mescola tragico e comico -, fino a svelare le verità delle proprie vite, togliendo la maschera indossata fino a quel momento.
La scena del balletto – foto gqitalia.it
Ci sono scene esilaranti: come all’inizio, quando un operatore della compagnia twetta la sua morte imminente; come quando l’alcolizzato Joserra ingurgita quantità infinite di shot-tequila, con la sua espressione felicemente goffa, che lo portano a dichiarare la sua liaison con Alex, sposato con prole; come quando i tre assistenti al volo (attori scelti alla perfezione) sciorinano un ballo di intrattenimento sulle note di “I’m so excited”, toccando il culmine della risata quando si distendono e inscenano un trenino; come in ogni battuta semi-seria, dove l’atto sessuale è sempre dietro l’angolo, punto fermo della pellicola.
90 minuti di presa in giro del nostro vivere “con la testa fra le nuvole”, che necessita di piaceri sessuali o usa sostanze psicotrope, per sopravvivere nell’era dei social network.
L’eros cinico è un must di Almodovar, così come lo spazio che il regista concede sempre all’amore omosex. La promiscuità è a volte estremizzata, ma fa parte di una scelta voluta – come la volgarità -, figlia della provocazione innata, presente nel DNA dello spagnolo. Il ritmo incalzante, associato ad una musica che coinvolge direttamente, completano il quadro di un lungometraggio leggero, che scorre via veloce, quanto godibile.
Originalità di sceneggiature e personaggi, capacità di descrivere il normale con eccezionalità, ne hanno sempre fatto uno dei registi più al passo coi tempi. Gli amanti passeggeri è tutt’altro che un capolavoro e le critiche che ha ricevuto possono esser lecite, se paragonato alla qualità di perle come Volver o Tutto su mia madre. Ma in un percorso artistico, ci stanno anche opere di minor impatto e maggior mollezza: e questa merita una menzione per la “simpatia” e, come dicevamo all’inizio, il colore.
Nell’attesa di una pista libera, l’aereo sorvola in cerchio Toledo e il dramma della morte viene anestetizzato da fragorose risate. Non è poco.
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