Gli anagrammi di Varsavia è un giallo. Perchè questa scelta stilistica così di rottura nella narrazione della persecuzione degli ebrei?
La mia idea originale per Gli anagrammi di Varsavia era quella di raccontare la quotidianità del ghetto di Varsavia, ma allora ne sapevo molto poco. C’erano scuole? Che tipo di lavoro faceva la gente che viveva lì? Volevo rispondere a queste domande anche perchè tutti i miei parenti in Polonia – i tanti fratelli e sorelle dei miei nonni, per esempio – sono stati internati nei ghetti prima di essere trasportati nei campi di sterminio.
Più leggevo sul ghetto di Varsavia più sembrava un””isola ebraica” tagliata fuori dal resto della città, della Polonia e anche dal mondo. Quell’immagine mi affascinava. E lo fa ancora. Essere confinati su di un’isola nel bel mezzo di una grande città deve essere una esperienza unica e terribile di cui scrivere…
…un giallo.
In effetti gli aspetti del giallo sono maturati insieme alla mia ricerca. Quando ho scoperto che il ghetto aveva un fiorente mercato nero e che molti bambini erano costretti a diventare contrabbandieri, mi sono reso conto che sarebbe stato il luogo ideale per impostare un noir misterioso. Dopo tutto, i bambini coinvolti nel commercio illegale correva grandi rischi, e alcuni di loro sono stati effettivamente uccisi dalle guardie tedesche. Insomma, scrivere un giallo è stato naturale e
ho costruito la vicenda intorno alla determinazione Erik e del suo amico gay Izzy di risolverlo.
La scelta inusuale ha destato polemiche?
Naturalmente, ci sono ancora persone che credono che un libro che si occupa dei ghetti ebraici non debba essere tratteggiato con gli elementi del giallo. A costoro ribatto che se qualcuno che si ama viene ucciso in un ghetto è tra le possibilità quella di cercare di scoprire l’identità dell’assassinio e vendicarsi. E questo è esattamente quello che il mio romanzo racconta. Il giallo poi, può essere altrettanto grave e significativo come qualunque altro tipo di romanzo.
Perchè la memoria è importante?
Senza i nostri ricordi, vivremmo praticamente senza identità. Non avremmo né una storia personale, né una storia collettiva. Le nostre vite semplicemente sarebbero costituite da episodi isolati e senza senso. Orientare e organizzare la nostra memoria ci aiuta a darle un senso e uno scopo. Nella tradizione ebraica, abbiamo un modo particolare di onorare l’importanza della memoria e utilizzarla perchè ci sia d’aiuto nella nostra vita quotidiana.
Il personaggio di Izzy ha destato molto interesse nalla comunità omosessuale. Perchè?
Amo Izzy, ma mi è difficile sapere quello che i lettori gay pensano di lui. Penso che Izzy sia una persona molto coraggiosa e gentile, un amico leale. E poi ha un grande senso dell’umorismo e, molto importante, impara dai suoi errori del passato.
La sofferenza che sperimenta nel ghetto di Varsavia gli insegna che non può più attendere per essere l’uomo che ha sempre voluto essere. Non c’è più tempo per le bugie… a metà del romanzo, si toglie la “maschera” di fronte a Erik, il suo migliore amico e il narratore del libro, e gli mostra alcune vecchie fotografie di amanti di gioventù.
I due discutono anche con estrema onestà della scelta di Izzi di sposare una donna.
Izzy è davvero pieno di rimorsi perché ha ferito le persone che ha amato di più nella vita e perchè non ha saputo mostrare il coraggio al momento giusto. Erik, che è uno psichiatra, gli dice: “Una cosa ho imparato dai miei pazienti è che ognuno di noi passa la vita con accanto all’ombra della persona che avrebbe potuto essere“.
Un pessimismo cupo…
Credo che quello che dice Erik sia davvero importante. Ognuno di noi deve fare determinate scelte nella vita che limitano altre scelte. Ed è molto difficile – e insieme doloroso - vivere accanto alle persone che avremmo potuto essere. Dobbiamo quindi trovare il coraggio di fare le scelte giuste. Insoma, attraverso Izzy, ho voluto esplorare il modo in cui è possibile trovare il coraggio per andare avanti dopo aver subito grandi traumi e delusioni. Mi sembra un argomento molto importante. E penso che il suo coraggio silenzioso e l’onestà diIizzy, insieme alla meravigliosa amicizia con Erik, possa toccare i lettori gay. O almeno lo spero.
Il tema del trauma e del sacrificio torna anche nel suo Il sognatore di fantasmi, edito in Italia da Playground. Può raccontarci qualcosa anche di questo libro?
Il Sognatore di fantasmi è un romanzo di amore e sacrificio che racconta come è possibile trovare il coraggio per andare avanti.
E’ ambientato a metà degli anni 1990, quando la positività al test dell’aids era ancora una condanna a morte. Il narratore è un classico americano insegnante di chitarra che cerca una nuova vita in Portogallo, dopo la morte di tanti amici a New York e San Francisco.
Ma quella che lui chiama l’eclissi virale sulla sessualità lo insegue anche lì, quando Antonio, il suo allievo più talentuoso e amato, risulta positivo al test hiv e minaccia di rinunciare alla vita a solo 24 anni.
Non ci anticipi però troppo della trama…
“Il Sognatore di fantasmi” è stato scritto, in parte, sulla spinta emotiva dalla morte di uno dei miei fratelli per Aids nel 1989. Non è che fossimo così vicini, ma semplicemente non riuscivo a immaginare un mondo in cui lui non c’era più. Aveva 35 anni.
Nella mia esperienza, quando qualcuno che ami ti abbandona a quell’età si mette in discussione la giustizia di questo mondo. E ci si sente truffati.