Gli anni 60, 70 e 80 attraverso tre Paesi

Da Acrossthechannel

L’idea per questo articolo è venuta da una recente email ricevuta dal mio amico Dick: tre ricordi, da tre differenti decenni in tre differenti Paesi: USA, UK e Italia.

La mia parte, l’ultima, è ovviamente la più lunga. Come già menzionato in questo blog, quando venni creato sfortunatamente avevano terminato il dono della stringatezza. Compensarono, però, con ben altre qualità.

Dick, USA, fine anni 60. L’estate del ’69 fu subito dopo le rivolte di Stonewall. Io ero a Providence, Rhode Island, a casa dei miei, cercando di lavorare sul mio Master presso la New York University mentre leggevo di quello che stava accadendo sul Village Voice e il NY Times.

Quello stesso autunno ottenni il mio primo impiego come insegnante universitario e la primavera seguende Nixon invase la Cambogia e ci furono parecchie manifestazioni nei campus sparsi in tutto il Paese. Ricordo perfettamente quando sospendevo le lezioni per incontrare gli studenti nei giardini del campus, dove si tenevano quelli che chiamavamo “teach-in”, dibattiti all’aperto dove si discuteva sul perchè l’America avrebbe dovuto andarsene dal Vietnam.

Ironicamente, furono gli stessi movimenti contro la guerra che portarano all’estate dell’amore, il fumare marijuana, il sesso libero e tutte le altre cose buone che uscirono da quel periodo, insieme all’inizio dei moviementi per i diritti gay.

Gli Stati Uniti erano in fomento e i giovani si univano contro il sistema, le grandi corporazioni e il governo.

Ti sarebbe piaciuto vivere in quel periodo. Mi mancano quei tempi e a volte e mi ritrovo su YouTube ad ascoltare i grandi della musica folk dell’epoca: Bob Dylan, Peter Seeger (che veniva da Beacon, dall’altra parte del fiume), Joan Baez e altri.

L’anno seguente, nel giugno del 1970, mi trasferii a New York e la mia vita non fu mai più la stessa .

William, UK, gli anni 70. Per me gli anni 70 iniziarono l’estate del 1970, quando all’età di 10 anni cominciai ad andare a scuola media. Per arrivare a scuola dovevo prendere ben due autobus da solo, il che era emozionante. A novembre dello stesso anno la mia famiglia si traferì più vicino alla scuola e quindi iniziai ad andare in bicicletta.

La nuova casa è dove avemmo il nostro primo telefono con una “linea di gruppo” (praticamente la linea era condivisa con un’altra famiglia della stessa strada e quindi prima di effettuare una chiamata dovevamo premere un bottone per assicurarci che la linea fosse libera o magari solo limitarci ad ascoltare se dall’altra parte si stesse dicendo qualcosa di interessante…)

La mia famiglia ancora non aveva una macchina quindi per noi le vacanze estive volevano dire raggiungere il posto di villeggiature in pulman, la stessa località ogni anno, Broadstairs, dove andammo fino all’estate del 1975.

Ricordo che un anno una famiglia che eravamo soliti incontrare ci diede un passaggio in macchina per tornare a casa, il che fu un vero lusso per me!

Gli anni 70 mi iniziarono anche al resto del mondo al di fuori dei confini inglesi attraverso le gite scolastiche che mi portarono in Svizzera, Francia, Grecia e New Forest nel Hampshire.

Allo stesso modo, quegli anni mi fecero conoscere un lato più oscuro del mondo: Watergate, la caduta di Saigon, la crisi dell’energia, il Massacro di Monaco e l’ex Unione Sovietica invadere l’Afghanistan, solo per nominarne alcuni.

La musica vide la nascita degli Abba e la rottura dei Beatles.

L’alba del movimento Punk e il mio primo concerto, The Stragnglers.

Venne inventato il primo floppy disk e video giochi come Space Invaders e Pong videro la luce.

Ottenni il mio primo vero lavoro all’età di 16 anni da Mark & Spencer’s e più tardi, nel 1978, il mio secondo lavoro presso la Norwich Union Insurance Company, che l’anno seguente video il suo direttore essere arrestato per taccheggio di biancheria intima da donna presso lo stesso M&S!

Comprai la mia prima macchina nel 1977, una Ford Escort gialla che nel 1979 cominciò a portarmi all’università e in una nuova vita negli anni 80.

E in fine, in quegli anni, il Regno Unito elesse per la prima e unica volta ancora un Primo Ministro donna, la signora Thatcher.

Paolo, Italia, anni 80. Mi ricordo la prima telefonata in assoluto che ricevemmo in casa. Era la prima metà degli anni 80 e se me lo ricordo così bene vuol dire che non successe prima dell’84. Non so se fosse normale per le famiglia dell’epoca avere il primo telefono in casa così tardi, ma in casa mia andò così.

Io e la mia amichetta Fabiana stavamo giocando sul pavimento del salone, mia madre era seduta sul divano, forse a guardare la TV o a lavorare la maglia (ironicamente, ricordo mia madre fare la maglia molto più spesso durante i suoi 30 che adesso che è nonna di un nipote e mezzo. Come me, anche lei più cresce e più ringiovanisce!) La mia memoria uditiva, non così sviluppata come quella olfattiva, può ancora riprodurre nella mia testa quel suono alieno, mai udito prima che iniziò improvviso come un bicchiere che si frantuma al suolo e che ci prese tutti di sorpresa, inizialmente facendoci pensare alla sirena di una macchina della polizia ma poi chiaramente troppo lungo per essere ciò. Oltretutto, quel rumore veniva da dentro casa e non da fuori. All’epoca, quell’area della periferia sud di Roma, dove sono nato e cresciuto, somigliava molto più alla campagna di quanto non lo faccia ora: il traffico era limitato alle autovetture locali, nonostante la trafficata Via Casilina non lontano, e quindi nuovi suoni come quello erano subito captati dalle nostre orecchie. Guardai Fabiana che aveva smesso di giocare e ora mi stava guardando a sua volta. Poi alzai lo sguardo su mia madre che invece guardava verso la porta, dove il suono stava provenendo dalla cucina.

“Cos’è sto rumore, ma’?” chiesi io. Lei impiegò qualche secondo per trovare la risposta ma quando arrivò, la lasciò uscire nel momento stesso in cui realizzò di cosa si trattasse. “Il telefono!”. Ricordo che corse in cucina, noi ragazzini ad andarle dietro, incuriositi da un adulto che si comportava in maniera così strana più che per il fatto di aver capito cosa avesse detto. E poi eccola lì: in piedi davanti alla credenza mentre parlava nel ricevitore, noi che la guardavamo quasi disorientati. Chi chiamò quel giorno è di gran lunga oltre le capacità della mia memoria uditiva e questa è una cosa che non saprò mai.

Circa 25 anni dopo, quello stesso ragazzino si ritroverà a scrivere questa storia sul suo “tablet touch screen”, seduto su un treno che attraversa Londra mentre ascolta la musica venire dal suo “iPhone” che di tanto in tanto si illumina per le notifiche in arrivo di nuovi messaggi “email” o “Facebook”. Ancora mi perdo se comincio a pensare a cosa potrei inventarmi per spiegare a quel ragazzino di 25 anni fa cosa queste quattro cose significhino.

Ci sono anche altri ricordi che tengo in mente, indicativi di quel decennio: mi ricordo di Chernobyl, mia madre e le sue amiche preoccupate e la gente che non voleva comprare il latte. Mi ricordo anche di noi bambini che guardavamo il cielo aspettando la nube tossica passare. Ancora mi chiedo che aspetto abbia una nube tossica. Non ho memoria del rapimento di Aldo Moro e del suo assassinio benchè mi ricordi il fatto essere menzionato parecchie volte negli anni a seguire, anche se ancora ero troppo piccolo per rendermi conto del cambiamento che ciò portò alla nazione. Novembre 1989: sono contento di poter richiamare tra i miei ricordi le immagini venire dalla TV di quel mucchio di persone che buttavano giù un muro pieno di graffiti in una città chiamata Berlino, amici e parenti finalmente riuniti che si abbracciavano per le strade. Avevo solo 10 anni e non capivo cosa ciò significasse per il mondo intero e soprattutto per l’Italia, un Paese così vicino di casa con l’est Europa.

Tuttavia, se mi venisse chiesto di dare un ricordo che descriva la società della famiglia media italiana di quegli anni, ce n’è uno che riguarda un rito che si ripeteva ogni anno, fino all’inizio degli anni 90. Non appena l’estate iniziava, per centinaia di famiglie italiane la domenica significava imbarcarsi tutti insieme, alla stessa ora in una gita fuori porta di un giorno al mare. Svegliarsi all’alba di domenica per essere in strada il prima possibile ed evitare il traffico ma poi realizzare, non appena imboccato il Raccordo, che decine e decine di altre famiglia avevano semplicemente avuto la stessa idea. Mi ricordo che a volte andavo a dormire con già il costume indosso e non perchè volessi guadagnare dei minuti di sonno la mattina seguente ma semplicemente perchè andare al mare di domenica era una tal novità che non potevo aspettare, ogni volta come la prima volta! Mio padre caricava la sua Ford Escort blu con ombrellone, sedie pieghevoli, tavolo pieghevole, teli da spiaggia, pompa per gonfiare il canotto, il canotto stesso, secchiello, paletta e rastrello, pinne, racchettoni e ovviamente l’inevitabile borsa frigo con dentro tutto quello di cui una famiglia può avere bisogno per sopravvivere un giorno al mare: succhi di frutta, frutta fresca, coca cola e acqua. Pane, formaggio e prosciutto per farci i panini. Insalata di pasta, insalata di riso e qualche volta persino lasagna da mangiare sulla spiaggia insieme ai granelli di sabbia trasportati dalla brezza. Mi ricordo chilometri di spiaggia dove era impossibile trovare un buco, centinaia di famiglie che per un giorno condividevano lo stesso posto, lo stesso equipaggiamento, lo stesso cibo, la stessa idea di divertimento. Se il caldo diventava troppo insopportabile allora si andava alla vicina Pineata di Castel Fusano dove poi passavamo il resto della giornata all’ombra dei pini.

Tra tutti i ricordi che ho degli anni 80, rimanere bloccato sulla Cristoforo Colombo di ritorno dal mare in una torrida domenica di luglio è sicuramente uno di quelli che meno mi manca.

My family at the seaside, early 80′s. LA MIA FAMIGLIA AL MARE.

Qual è il tuo ricordo?


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