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Gli Area erano dei talentuosi musicisti che si erano ritrovati a suonare insieme per un brano dell’album solista di Alberto Radius (chitarrista dei Formula 3, il gruppo che accompagnava Lucio Battisti). Il brano si intitolava proprio “Area”. Con Patrizio Fariselli alle tastiere, Giulio Capiozzo alla batteria, Paolo Tofani alla chitarra, Patrick Djivas al basso, più Stratos alla voce e Busnello ai fiati, diedero alle stampe il loro primo LP nel 1973, intitolandolo con la stessa scritta (“Arbet Macht Frei”) che campeggiava sopra il campo di concentramento di Auschwitz (che, tradotto, significava beffardamente “Il lavoro rende liberi”). Schierati apertamente a favore della causa palestinese, composero subito quello che sarebbe diventato il loro inno: “Luglio, Agosto, Settembre (nero)”. Quando Djivas passò alla PFM venne sostituito dall’altrettanto bravo Ares Tavolazzi (che in seguito avrebbe lavorato anche con Francesco Guccini). La musica degli Area era complessa e spaziava tra jazz-rock, musica elettronica, balcanica, etnica (la futura “world music”) e popolare (“International Popular Group” era la dicitura posta sotto il nome del gruppo). Viceversa, la band non avrebbe mai amato di vedersi ricondotta nell’alveo del “progressive rock”. Inoltre, come la PFM, anche gli Area si riferivano a sé stessi in terza persona (“Area ha detto”, “Area ha fatto”…). Quel tipo di composizioni molto articolate non avrebbe potuto lasciare in teoria molto spazio alla voce di Demetrio Stratos, figura imponente e dai lunghi capelli sfilacciati Ma lui riusciva ad inserirsi comunque, anche perché spesso si esprimeva con vocalizzi senza parole, come se la sua voce fosse uno strumento come gli altri. Aveva studiato (ed insegnato) tutte le possibilità e le potenzialità della voce umana, e, dopo aver lavorato sugli antichi canti delle popolazioni mongole, era anche in grado di emettere due voci contemporaneamente (!). Di certo è stata la voce maschile più impressionante della musica italiana. Stratos era di origini greche, ma si era trasferito in Italia da piccolo, ed aveva uno spiccato accento romagnolo. Ne “La Luna Rossa” però cantava in greco, mentre ne “La Mela Di Odessa” (con tanto di mele “vere” morsicchiate da lui e Fariselli sul palco) raccontava la storia di cui parla il brano, più che cantarla. Sempre impegnati politicamente, gli Area si presentavano in scena con il pugno alzato prima di cominciare a suonare, e terminavano lo show con una stralunata versione de L’Internazionale: e questa volta era il pubblico ad ascoltarli con il pugno alzato. Spesso si esibivano gratis alle numerose Feste dell’Unità. Durante il brano “Lobotomia” (come testimoniato dal film sul Parco Lambro ’76) Patrizio Fariselli scendeva tra il pubblico portando con sé un cavo, collegato alle “diavolerie” elettroniche di Tofani: quando le persone toccavano questo cavo, venivano emessi suoni di diversa “altezza” ed intensità, permettendo così alla band di “interagire” con il pubblico e di farlo in qualche modo partecipare in prima persona alla propria performance.Il disco “Crack!”, del 1974, con un uovo rotto da un cucchiaino in copertina, rimase il loro disco più accessibile e con brani più strutturati in maniera “canonica”, soprattutto con la scanzonata (almeno nella musica) “Gioia e Rivoluzione”, nella quale Stratos cantava “il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia…”, ed una chitarra acustica che suona pochi accordi, allegri ed “orecchiabili”. Molto complesso, ma formidabile, invece, il basso di Tavolazzi sui brani di altri dischi, come “Il bandito del Deserto” (sull’ultimo LP degli Area con Demetrio) e L’Albero Di Canto (sul disco solista di Mauro Pagani). Nel 1977 la RAI TV trasmise uno speciale in bianco e nero con gli Area impegnati a presentare il loro album “Maledetti!”, pubblicato l’anno precedente. Però non c’erano più né Tavolazzi al basso, né Capiozzo alla batteria: al posto di quest’ultimo compariva un giovane Walter Calloni, che pochi anni dopo sarebbe entrato nella PFM, quando Di Cioccio passò dai tamburi al microfono (proprio come nel caso di Phil Collins coi Genesis!). Demetrio suonava anche l’organo Hammond, e spesso, quando gli Area suonavano insieme agli Arti e Mestieri, lui e Beppe Crovella (che il sottoscritto conosce bene) si prestavano a vicenda i rispettivi strumenti. Anche Francesco Di Giacomo mi ha parlato con nostalgia delle conversazioni avute insieme a Demetrio dietro il palco di qualche concerto…L’ultimo album degli Area con la voce di Stratos fu “Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano”, del 1978. E quello stesso anno gli Area parteciparono al primo disco di Mauro Pagani. Quest’ultimo in seguito collaborò con Fabrizio De Andrè, tornando con la PFM solo per il “Concertone” romano del 1998 in Piazza S. Giovanni, e poi per la speciale reunion di Siena del 2003: uno spettacolo intero in Piazza del Campo, pubblicato sia su CD che su DVD.Gli Area andarono a suonare in Portogallo (esiste un disco che documenta questa loro “trasferta”) e con Mauro Pagani furono anche a Cuba. Di recente si sono esibiti di nuovo con l’ex PFM in veste di ospite, dal momento che anche loro si sono riformati: Fariselli, Tavolazzi, un giovane batterista e Tofani. Quest’ultimo, Hare Krishna dagli anni ’70, appare oggi calvo e piuttosto ingrassato, mamolto simpatico. Io ho avuto modo di vederli nella formazione in trio, con Giulio Capiozzo, ma senza Paolo Tofani. Nel 1995, in un’altra occasione mi sono fatto fare una foto con lo stesso Capiozzo, il batterista originale degli Area, purtroppo scomparso qualche anno dopo. Memorabile rimane comunque il gigantesco concerto organizzato all’Arena Civica di Milano nel 1979, che vide sul palco, tra gli altri, gli stessi Area omaggiare il talento e la personalità del loro vecchio compagno.
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