La storia
Gli armeni sono gli abitanti autoctoni dell’Armenia, una regione storica che va dall’attuale stato di Armenia fino alle province turche dell’Anatolia orientale. La loro presenza su quel territorio è documentata da testimonianze risalenti a più di 2500 anni fa. Fino all’inizio del ventesimo secolo essi hanno abitato un vasto territorio che, estendendosi ben oltre i confini dell’attuale Repubblica Armena ex sovietica, ingloba il lembo nord-occidentale dell’Iran, tutta la parte orientale della Turchia, le regioni occidentali dell’ Azerbaijan ed una parte nel sud della Georgia.
Su questo territor gli armeni già più di duemila anni fa hanno costituito un proprio stato unitario che nel corso dei secoli ha perso e più volte riconquistato la propria indipendenza, subendo a più riprese invasioni e dominazioni straniere.
All’inizio del IV° secolo l’Armenia si convertì al Cristianesimo.
La dominazione straniera più lunga e nefasta per gli armeni è stata quella dei turchi che vi penetrarono per la prima volta circa nove secoli fa e lentamente soggiogarono la regione instaurando un regime di pulizia etnica ante litteram, con soprusi, vessazioni, conversioni forzate all’Islam, periodici pogrom e ricorrenti massacri.
Verso la fine del XIX° secolo le persecuzioni contro gli armeni da parte dei turchi aumentarono in intensità ed in ferocia, raggiungendo il loro culmine sotto il regno del sultano Abdul Hamid II° che, alle richieste degli armeni di ottenere riforme volte a tutelare le loro vite, le loro persone ed i loro beni, rispose con dei massacri nel corso dei quali, dal 1895 al 1897, furono trucidati 300.000 armeni.
Parallelamente al declino dell’Impero Ottomano, sul finire del XIX° secolo, iniziò a svilupparsi presso i turchi un acceso movimento nazionalista, cosiddetto dei “Giovani Turchi”, che diede origine al partito “Ittihad ve Terakki” (Unione e Progresso) che si impadronì del potere nel 1908 e lo mantenne per dieci anni.
Scopo principale del movimento nazionalista turco era la creazione di un grande impero panturco che inglobasse tutte le popolazioni turcofone, dal Mar Egeo ai confini della Cina. Gli armeni si trovavano in mezzo a queste “terre turche” così, un anno dopo aver conquistato il potere, i Giovani Turchi si resero colpevoli del massacro di Adana, in Cilicia, nel corso del quale furono uccisi più di trentamila armeni.
Il genocidio
In un congresso segreto dei “Giovani Turchi”, tenutosi a Salonicco nel 1911, fu deciso di sopprimere totalmente gli armeni residenti in Turchia. L’occasione per realizzare questo piano di sterminio si presentò con lo scoppio della Prima guerra mondiale: gli armeni, accusati di tramare segretamente contro la Turchia alleandosi ai russi, persero la protezione delle potenze straniere troppo impegnate nel conflitto per intervenire a loro difesa.
Lo sterminio iniziò con una chiamata alle armi, tutti gli armeni validi vennero inquadrati in battaglioni monoetnici e poi uccisi. Furono quindi arrestati ed in seguito uccisi tutti gli intellettuali, i sacerdoti, i dirigenti politici. Nelle città e nei villaggi abitati da armeni rimasero solo donne, vecchi e bambini. Per loro venne decretata la deportazione. Adducendo come pretesto la prossimità della zona di guerra, vennero costretti ad abbandonare le loro abitazioni per trasferirsi, così fu detto, in zone più sicure. Per strada le carovane dei deportati venivano sistematicamente assalite da bande di malfattori, fatti uscire appositamente dal carcere per costituire la cosiddetta “Teskilate maksuse” (Organizzazione Speciale) il cui compito era lo sterminio degli armeni.
I mezzi usati per compiere questo sterminio furono di un’inaudita ferocia e di un sadico accanimento contro le vittime. Chi riusciva a sfuggire al massacro periva per la fame, la sete, le malattie e gli stenti del lungo viaggio compiuto a piedi per centinaia di chilometri. Perirono così circa un milione e mezzo di persone: la quasi totalità degli armeni di Turchia. Furono risparmiati solo quelli residenti a Istanbul e Smirne, perchè troppo vicini a sedi diplomatiche straniere. Si salvarono pure gli abitanti di alcune province in prossimità del confine russo, che si misero al riparo fuggendo oltre frontiera o furono salvate dall’avanzata dell’esercito russo.
Così recita il telegramma del ministro dell’interno turco, Talaat pascià, del 15 settembre 1915:
In precedenza è stato comunicato che il Governo, su ordine del Partito (Unione e Progresso), ha stabilito di sterminare completamente tutti gli Armeni residenti in Turchia. Coloro i quali si oppongono a questo ordine non possono continuare a rimanere negli organici dell’amministrazione dell’Impero. Bisogna dar fine alla loro esistenza, per quanto siano atroci le misure adottate , senza discriminazioni per il sesso e l’età e senza dar ascolto a considerazioni legate alla coscienza.
Dopo il genocidio, l’Armenia fuori dall’Armenia
A seguito della sconfitta ottomana nella Prima guerra mondiale gli armeni ottennero, con il Trattato di Sèvres, un proprio Stato cui fu assegnata anche la citta di Trazbon (Trebisonda) ormai quasi del tutto priva di armeni a seguito delle deportazioni. Intanto nel Caucaso, a seguito della Rivoluzione d’ottobre, si formò uno stato indipendente, la Repubblica Federale Democratica Transcaucasica, cui l’Armenia (o quel che ne resterà) entrerà a far parte dopo la guerra greco-turca, condotta da Mustafa Kemal, padre della moderna Turchia. Il Caucaso, nel frattempo tornato sotto il controllo sovietico, vedrà il sorgere di repubbliche socialiste tra cui, appunto, l’Armenia che nel 1991, con la dossoluzione dell’impero sovietico, vedrà l’indipendenza.
Oggi l’Armenia mostra una certa distanza nei confronti degli armeni rimasti in Turchia, pur mantendendo freddi rapporti diplomatici con Ankara. I governi di Yerevan si sono finora mostrati più attenti alla questione del Nagorno-Karabakh (una regione armena dentro l’Azerbaijan) che al genocidio delle loro genti nel secolo scorso.
In Turchia la via verso una piena democratizzazione sembra irta di ostacoli, e senza democrazia difficilmente può esserci tutela per le minoranze. Anche il governo islamico moderato di Erdogan non ha rinunciato alle retoriche nazionaliste, rifiutando di riconoscere il genocidio operato ormai un secolo fa, arrivando a rompere i rapporti con il governo francese che recentemente ha riconosciuto il genocidio armeno. Senza la pressione dell’Unione Europea, ormai lontana da Ankara, e senza garanzia dei diritti delle minoranze e della libertà d’espressione, la Turchia non potrà mai definirsi una democrazia compiuta.