Commentare a caldo è sempre sbagliato, si rischia di ragionare d’istinto finendo col dire cose di cui pentirsi dopo. Eppure quello che sta succedendo in Europa impone che tutti contribuiscano a fermare un processo in corso, devastante. No, non il fondamentalismo islamico ma l’imbarbarimento della civiltà europea, se di singola civiltà europea si può parlare. Il rischio è quello di una deriva autoritaria e razzista che spazzi via tutto quello che oggi si dice di voler difendere, ossia la tolleranza, l’umanesimo e la cultura dei diritti. Esattamente l’opposto di quello che servirebbe per uscire da questa brutta situazione.
Le vittime di Parigi, come tutte le vittime, rischiano di essere strumentalizzate, di diventare il perno su cui fondare la fine delle libertà civili. Mai come oggi l’Europa sembra essere allo sbando, incapace di accettare la realtà. Di fronte al fondamentalismo islamico si usano logiche di guerra, ma questa non è una guerra. In guerra ci sono schieramenti contrapposti con delle linee del fronte, ma l’unico fronte la cui costruzione sembra possibile è quello del “noi” contro “loro”, senza che l’Europa abbia la minima idea di cosa rappresenti il fronte del “noi”, chi siamo noi europei?
Il rischio è che un’intera parte della popolazione europea, quella musulmana, venga criminalizzata, con la fine dello stato nazione che si tramuta nella creazione di una miriade di micro stati etnici a macchia di leopardo sul territorio europeo, creando uno stato di guerra permanente ingestibile ma che farebbe comodo a molti, a partire da chi dalla guerra trae i suoi profitti. Lo Stato Islamico è per esempio finanziato anche dall’Arabia Saudita a cui l’Occidente vende armi, invece di bombardare e creare nuova guerra perché non si smette di vendere armi e di comprare petrolio?
Già, il petrolio. La base della nostra civiltà, la base della nostra economia. Troppi interessi girano intorno al petrolio e l’Europa non trova altre fonti energetiche, non le vuole trovare. Il petrolio sta finendo, così come la civiltà europea ormai alla sua fase terminale. I popoli devono stare buoni, allinearsi per il minuto di silenzio, accettare la costruzione di un’identità imposta anche a chi, nonostante il cordoglio e la vicinanza, non se ne sente toccato in quanto scelta politica, cosa inconcepibile e criminale.
Il rischio è una deriva razzista e neocolonialista, dove lo stato etico, lo stato dei buoni, prende il posto dello stato nazione ma con sfumature appunto neocolonialiste. I buoni non sono i bravi cittadini, i buoni sono quelli simili a noi, il musulmano è diverso quindi non può essere buono. Il pensiero di certa sinistra nel suo negare le differenze, strettamente colluso con il pensiero unico si fa dittatura che nega le differenze, incontrando il pensiero di certa destra nella definizione degli schieramenti, nella criminalizzazione del diverso. Non ci possono idee diverse, non ci devono essere. Troppo labile l’equilibrio su cui si regge ormai il sistema.
Il nazibuonismo, questo nuovo mostro contemporaneo, deve essere l’unica fede, le altre sono un pericolo. Se l’islam è quella del nemico, il cattolicesimo può essere una quinta colonna che apre falle nelle mura dietro cui si rinchiudono i buoni, sia chi fa affari con la guerra sia chi di quella guerra è carne da cannone. L’unica soluzione è aprirsi, diventare una società multiculturale che accetta lo straniero, cambiare le basi su cui si regge il sistema, creare nuovi diritti e nuove libertà togliendo ogni possibile rivendicazione a coloro che crescono come cittadini di serie B nelle periferie europee.
Forse coloro che si ergono a paladini delle vittime sono i loro più grandi nemici, sono coloro che non vogliono gli equilibri su cui si fonda la ricchezza vengano cambiati, sono coloro che non credono il mondo possa essere migliore. Accodandoci a queste persone, il volto pubblico e forse inconsapevole di chi conta davvero, saremo tutti complici. La colpa per la morte delle vittime francesi, di quelle kenyane e di tutto il mondo sarà anche nostra, ogni volta che faremo il pieno di benzina alla nostra auto oltre alla puzza di petrolio sentiremo la puzza della paura, per cui abbiamo svenduto le nostre vite.
Fonte immagine: Wikicommons