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Gli attivisti cambogiani: taglio illegale distrugge le ultime foreste

Creato il 30 ottobre 2014 da Salvaleforeste

Gli attivisti cambogiani: taglio illegale distrugge le ultime foresteUna rete di attivisti cambogiani si batte contro la deforestazione illegale sta distruggendo le ultime preziose foreste del paese. Gi attivisti si sono riuniti a Phnom Penh denunciando il contrabbando di almeno 55.000 tonnellate di legname di lusso con Cina, da parte dei una rete crimine con contatti tra alti funzionari e ufficiali delle forze di sicurezza.

 

"Le autorità sono complici di un sistema, dal governatore al capo del villaggio" denuncia Em Sopheak, attivista della provincia orientale ei Mondulkiri, attivo nel Community Legal Education Center.

Mentre il meeting era in corso, il portavoce del ministero dell'Ambiente Sao Sopheap ha incontrato la stampa per ribattere alle denunce degli ambientalisti. "Il governo ha avviato quella che definiamo una politica per preservare le foreste: continuare a combattere contro i crimini forestali, impedire l’abbattimento di alberi, la deforestazione e la distruzione delle le risorse naturali. Abbiamo avviato un programma per preservare e ripristinare foreste e ripiantare gli alberi nelle zone dove la foresta è stata danneggiata o distrutta”.

Il Ministero dell'Agricoltura segnala un forte aumento dei crimini forestali, da circa 500 denunce nel 2012 a quasi 1.900 denunce nei primi nove mesi di quest'anno.

Ma gli attivisti ambientalisti sostengono che anche le imprese “legali” possono creare problemi. Alcune di esse hanno licenze per l’acquisto del legname confiscato dai ministeri dell'Agricoltura e dell'Ambiente.

“Ogni notte ci sono da 50 a 60 camion che trasportano legname”, ha detto. “Vengono dalle province di Preah Vihear, Stung Treng e Kratie. Trasporranno sia legname legale che illegale” denuncia Mamma Sokin, della rete comunitaria di pace nella provincia di Kratie.

Le foreste della Cambogia, che un tempo coprivano i tre quarti del paese, rappresentano ora appena il 38 per cento della superficie del paese. Gli attivisti temono che questa quota rischi di ridursi al 20 per cento entro il 2020.


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