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Gli auguri di Natale

Creato il 23 dicembre 2010 da Paola_granieri
La commissione censura composta da me medesima ha decretato che su questo blog si fa un abuso di parolacce, espresse nella furia del momento e senza le dovute scuse.
Per cui l'impegno solenne per l'anno a venire è quello di provare a risultare egualmente simpatica, ma senza servirmi dell'ausilio di tanta volgarità gratuita.
Che poi par brutto, speciamente se, come me, si fa tanta fatica per apparire brave e carine e ci si mette i vestiti di Comptoir des Cotonniers e poi si apre la bocca e sembrando uno scaricatore di porto ( o una giostraia di Paullo, Sarinski mi ripiega sempre e per sempre) e annullando tutti gli sforzi fatti in precedenza.
Ma, virando verso un tema di interesse comune, non volevo mancare di porgervi i miei più sentiti auguri per le feste che si avvicinano perchè quelli non si negano proprio a nessuno.
Scrivo questo post perchè non so bene ancora quali saranno le evoluzioni di questi giorni, chiamiamoli festosi dai, indi per cui non garantisco la mia presenza.
Vi confesso che per me son giorni un po' così, un Natale borderline, tanto per capirsi.
Nessun consiglio per gli acquisti, nessun desiderio. Quest'anno passo, mi giustifico, anzi e prof. non mi importa, mi metta due. Ho comprato i regali necessari controvoglia, l'unico film a tema che ho digerito senza problemi è stato quello di Tim Burton.
L'anno scorso ci avevo anche provato a raccontarvi Natale in casa Granieri, ma poi sono stata presa dalla smania del consumismo e dai regali dell'ultimo minuto, un gran classicone di casa mia, e ho lasciato perdere. Il Natale in una casa diggiù, però merita di essere raccontato.
(La cosa buffa è che ho sempre pensato che anche nelle altre case fosse così).
Di regola, fino allo scorso anno, Natale comportava: l'isteria di mia madre (peculiarità che conserva anche attualmente ahimè) data dall'ansia da prestazione di non so cosa, e di conseguenza la casa tirata a lucido, gli struffoli, il cenone del 24 preparato da mio padre, rigorosamente di pesce, i loro battibecchi e la sensazione che una bomba potesse esplodere da un momento all'altro.
Il menu, un evergreen: cocktail di gamberetti, crostini salmone burro e limone, ma anche salumi lucani, sottoli e sottaceti, spaghetti agli scampi o alle vongole (a seconda degli anni) pescione al forno, sogliola con lo spumante, gli struffoli appunto..e che più?
Ah, FONDAMENTALE, foto tutti e quattro insieme, noi figli, tutti con il vestito nuovo, tutti senza piedi o senza testa. Mio padre è riuscito a non trarre mai giovamento nemmeno dall'era delle macchine fotografiche digitali. (Mamma che da piccoli ci pizzicava le guance per farle apparire più rosee).
Foto a tutto, all'albero, ai regali sotto l'albero, ai regali dopo lo scartamento per dare una cronaca fedele del prima e del dopo, alla tavola apparecchiata e, immancabili, al cibo, soprattutto al cibo.
L'altro classicone, le scene con papà: non mangiare troppo che ti fa male, guarda che se ci lasci le penne sono affari tuoi, hai già bevuto un bicchiere di vino, lo sai che anche il vinsanto ti fa male!!!! La sua risata beffarda, a volte ci gratificava di un "Tiè", con tanto di corna. Non ci ha mai pensato al camposanto. E francamente nessuno pensava che potesse succedere davvero.
Che poi chi lo sa se sia stata davvero colpa del vinsanto o del capitone fritto, che solo i miei fidanzati più temerari hanno avuto il coraggio di assaggiare.
Ma poi, salvo rari casi, è sempre andato tutto bene, la cena è sempre stata buona, tutti eravamo contenti dei regali, e fine della storia fino all'anno dopo.
Ma l'evento clou della serata, l'happening a cui nessuno si è mai potuto sottrarre, è sempre stato la nascita del Bambin Gesù, una vera performance da non perdere, perchè a casa mia Gesù Bambino viene messo nel presepe la sera del 24 a mezzanotte precisa (mia madre è una donna molto devota).
La scena più o meno è questa: mamma in processione dalla cucina al salotto, stonando spaventosamente le note di "Tu scendi dalle stelle" e noi da un certo punto in poi sul divano a sbellicarci dalle risate. Ho il vago ricordo di anni in cui abbia addirittura acceso dell'incenso, di quello che accendono in chiesa.
Quest'anno però, il primo senza papà, il più difficile secondo tutti i trattati di psicologia del globo, è un po' un'incognita. Perchè nella nostra tristezza cosmica e nella voglia di chiudersi in casa da soli al buio fino a quando anche l'ultima campanella abbia smesso di tintinnare, c'è l'altra, gioiosa faccia della medaglia: è anche il primo Natale con Pietro.
Insomma, fuori uno, dentro un altro, ci siamo compensati.
Nel dubbio e nell'attesa che il piccolo Pietro sia abbastanza grande da portare il Bambino Gesù fino al presepe, vi faccio gli auguri.
E non mangiate troppo, che poi vi sentite male.
Ci sentiamo quando ci saremo lasciati alle spalle questa follia collettiva del Natale.
Ve lo dico con una canzone, l'unica in cui mi sono identificata, al posto del solito Frank Sinatra.


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