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Gli ecovillaggi: comunità e autarchia dei nostri tempi

Creato il 21 febbraio 2013 da Pane & Rose

di Ida Santarcangelo.

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Il fenomeno degli Ecovillaggi è emergente nel sud del mondo, compreso il sud d’Italia. Negli ultimi cinquant’anni, in diverse parti del mondo sono sorti progetti comunitari di ampia scala, gestiti da fondazioni di cooperazione e di mutua responsabilità sociale, sviluppati a livello regionale e su agglomerati urbani estesi. Tra i più noti c’è la città di Auroville in India, l’esperimento di recupero sociale ed ecologico di Whyalla nel sud dell’Australia e il cantiere permanente della città ecologica di Arcosanti – su progetto dell’architetto italiano Paolo Soleri – nel deserto dell’Arizona. Questi progetti fanno parte di un movimento che racchiude in sé comunità molto diverse tra loro, accomunate da precisi obiettivi ai quali tendere: il miglioramento della qualità della vita (dal punto di vista umano e spirituale) e una condotta più sostenibile per l’uomo e per la terra.
Gli Ecovillaggi sono nuove comunità rurali o urbane che si stanno diffondendo in tutta Europa, Italia compresa. Anche in Italia si trovano numerosi progetti che aderiscono ad una rete nazionale ed internazionale (RIVE e GEN). Al nord troviamo comunità storiche come quelle di Damanhur in Piemonte e Torri Superiore in Liguria, al Centro, le colline umbre e toscane sono luoghi ideali per le comunità rurali, al Sud, oltre al progetto EVA a Pescomaggiore (AQ), nato in seguito alla necessità di restituire un alloggio ai terremotati, troviamo due associazioni che stanno ponendo le basi per un progetto comunitario più ampio: l’Ecohouse a Noto (SR) e Arcipelago Sagarote a Cosenza.
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Gli ecovillaggi nascono dalla precisa intenzione di alcune persone, il cui numero può variare da poche unità ad alcune centinaia, che hanno maturato la scelta di vivere assieme ad altre, perseguendo il progetto comune di condividere beni, risorse e gran parte della vita quotidiana: dal lavoro all’educazione dei figli, dall’economia alle relazioni interpersonali. Gli ecovillaggi sono accomunati dalla capacità di auto-organizzarsi, di condividere spazi e tempi, risorse e idee, con l’obiettivo di creare modelli di vita che rispondano alle esigenze di chi è insoddisfatto dagli schemi che dominano oggi il panorama sociale, culturale ed economico. Partendo dall’idea che la crisi contemporanea, investendo il mercato economico ed il lavoro, ricade inevitabilmente sui riferimenti valoriali e sui percorsi di vita di individui di ogni età, è possibile scorgere nell’ecovillaggio un’alternativa? Questi luoghi propongono un’idea di comunità basata sull’elaborazione di nuove identità e appartenenze, un modello socio-lavorativo ed economico basato sulla cooperazione e sulla capacità di coinvolgimento.
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Ho vissuto in uno di questi luoghi un’esperienza di ricerca svolta presso una comunità di Pistoia (fondata nel 2010) e ho potuto verificare diverse cose. Le motivazioni dei membri del gruppo fanno capo a una situazione di delusione rispetto ad alcuni ambiti della loro vita (lavorativa, economica, abitativa) che nell’ecovillaggio hanno potuto reinventare. Ho vissuto una settimana presso la comunità di Ciricea a Pistoia, immersa nella vita quotidiana dell’ecovillaggio. Il coinvolgimento in prima persona mi ha permesso di analizzare le motivazioni alla base di questa scelta di vita. Il “richiamo della terra”, il ritorno ad una vita essenziale e con ritmi diversi da quelli urbani è la base comune che crea il senso d’appartenenza necessario ad unire persone con vissuti molto diversi tra loro. Sette persone, sette percorsi di vita che, per motivazioni differenti si sono incrociati tra le colline pistoiesi, per praticare uno stile di vita più adeguato alle loro esigenze: economiche, lavorative, spirituali e sociali.
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Il casale sorge in un territorio che molte risorse naturali: bosco, alberi di castagne e da frutta, olivi. In più è stato creato un orto sinergico (un tipo di coltura non aggressiva per piante e terreno), i cui prodotti vengono venduti o scambiati nel circuito commerciale locale. Per sostenere le spese, tutti i membri del gruppo svolgono un’attività lavorativa in città, integrandola con quelle necessarie a mandare avanti il progetto: cura della casa e dell’orto, organizzazione di incontri e attività olistiche aperte a chiunque sia interessato. L’obiettivo primario è l’autosufficienza, attraverso l’autoproduzione alimentare ed energetica, secondo l’ottica della decrescita felice: una teoria economica che propone uno stile di vita basato sulla riduzione dei consumi e la sostenibilità ambientale. Posti così meritano attenzione, sono un esempio che un altro mondo è possibile.


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