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Gli elefanti di Tarangire.

Creato il 28 febbraio 2013 da Enricobo2

Gli elefanti di Tarangire.

Un baobab nel Tarangire N.P.


Gli elefanti di Tarangire.
Quanti animali vedi nei parchi africani! Certo ci vai per quello, ma una tale ricchezza di vita esotica ti lascia sempre attonito e meravigliato. Il numero e la varietà di specie di uccellini dai colori e dalle forme sgargianti, la quantità di scimmie, di gazzelle e di antilopi, i grandi felini alla cima della piramide alimentare che popolano le foreste, il bush e le savane superano ogni immaginazione, ma alla fine credo che quelli che ti lasciano davvero senza fiato sono i grandi animali che stenti a credere possano popolare gli spazi in numero così elevato. Sono gli elefanti a dominare la scena innegabilmente, a volte condizionandone anche l'aspetto. Questo è davvero l'animale che, a mio parere impressiona di più. Intanto la sua mole enorme che lo rende visibile da lontano. Quel suo apparire vecchissimo e saggio fin da cucciolo quando ancora gioca con la piccola proboscide tra le zampe della madre, dovuto forse alla pelle grigia e incartapecorita, piena di mille rugosità incavate. Quelle sue zanne, preziose e maledette, risplendenti o corrose e spezzate dalle lotte e dagli anni, le enormi orecchie frastagliate, quel suo naso improbabile, estensione multiuso che gli consente ogni attività, quella tremenda necessità di nutrire in continuazione un corpo enorme con masse di cibo che sterminano e distruggono l'ambiente in cui vive più di qualunque avido deforestatore. 
Gli elefanti di Tarangire.
Rimani a guardarlo ammirato quando si sposta con movimenti così rallentati da farlo apparire sempre come un lanciatore del peso alla moviola; ti sollazzi divertito quando occupa prepotente le pozze d'acqua e di fango, cacciando tutti gli altri con una mole che non ammette concorrenza, si arrotola nella mota, si spruzza di acqua, si ricopre di limo soffiandovi poi ancora sopra polvere rossa, come una bella di altri tempi che nel suo boudoir, si ricopra di uno spesso strato di cipria per nascondere gli insulti del tempo. Il parco di Tarangire è il luogo che ospita la più alta concentrazione al mondo di elefanti. Direi che, quindi, è opportuno non lasciarselo scappare per chi programma un giro dei parchi del nord della Tanzania. Si tratta di una vasta area attorno al fiume omonimo, quindi decisamente ricca di acqua e di alberi anche durante la stagione secca. Tutto il territorio è punteggiato da boschi grandi e piccoli di baobab, questo straordinario albero, che è un po' il simbolo dell'Africa. Qua e là vedi tronchi enormi anche quando appaiono piccoli rispetto ai compagni, sformati come fiaschi e bottiglie giganti, dalla corteccia grigia e lucida, quando non ancora è stata strappata, lacerata, devastata e ridotta in striscioline secche dai gruppi di pachidermi che si aggirano nelle vicinanza e che li usano per grattarsi, per affilare zanne e denti o semplicemente per sfogare una voglia di movimento repressa nel corpaccio apparentemente goffo ed invece mobilissimo ed agile all'occorrenza. 
Gli elefanti di Tarangire.
Gli altri animali, impala, waterbok, facoceri, giraffe, gazzelle, babbuini e naturalmente zebre e gnu, sono sparsi qua e là tra il bush e l'erba alta, ma nelle vicinanze delle ansa del fiume o lungo le pozze formate dai rivi che vi affluiscono, vedi subito, seminascosti tra il verde delle foglie, gruppi più o meno numerosi di pachidermi che dall'alba foraggiano nell'erba più alta. Non si resiste e si cerca subito di andarvi appresso seguendo le piste contorte che si inoltrano tra gli alberi: Così può capitarti di fermare l'auto al centro di un intrico di pozze d'acqua e cespugli. Rimani fermo ad osservare, circondato solo dal rumore della vegetazione frantumata dalle mascelle e d'improvviso, ti ritrovi completamente circondato. Elefanti da tutte le parti, infangati che ruzzano nelle pozze a turno, tra le piante a sfregarsi sui tronchi, nel folto a foraggiare erba grassa e ricca. Lì vedi solo i grandi dorsi seminascosti tra i rami; laggiù, intere famiglie che si spostano lentamente allo scoperto; qui madri che accudiscono ai più piccoli spingendoli delicatamente con la proboscide, una allatta un nato da poco che cerca agitatissimo la mammella mentre i mediani e i più grandi, si vedono anche tre generazioni accanto alla stessa madre, già fanno prove di lotta per prevalere nelle complesse gerarchie del gruppo. E' tutto un muoversi, un soffiare, senti strappare erba, dilaniar corteccia, spruzzar di fango. 
Gli elefanti di Tarangire.
La sensazione di fondo però non è completamente tranquilla, perché se è vero che la maggior parte degli animali fa il suo lavoro come se tu non esistessi, buttando al massimo uno sguardo apparentemente distratto mentre si muove lateralmente, i grandi maschi singoli che, evidentemente hanno uno specifico compito di controllo dell'area e di quanto avviene attorno all'orda, continuano a mangiare, ma in maniera più nervosa e infastidita. I segnali sono chiari, si dondolano spostando i testone di lato, fanno qualche passetto avanti e indietro nella tua direzione, ti guardano fisso e intenzionalmente agitando le orecchie. Senti senza ombra di dubbio di essere intruso, di trovarti in un luogo in cui non non sei gradito e che la tua presenza infastidisce tutti. Quando i più vicini cominciano ad alzare il testone e la proboscide, mostrando la bocca aperta e agitando sempre più velocemente le grandi orecchie, la minaccia si fa più concreta. Il problema è che essendo completamente circondati da oltre cento elefanti, in ogni direzione ci sono corpi, groppe, orecchie e code che sventagliano l'aria e che occupano ogni via di fuga tra i sentieri e le piste tracciate. Vorresti allontanarti, ma non puoi. Non resta che rimanere immobili, quasi senza respirare, senza fare scatti improvvisi o guardare troppo quegli occhi piccoli che continuano a fissarti e che dicono chiaramente - andatevene via!-. 
Gli elefanti di Tarangire.
Rimani lì per un tempo indefinito come una statua di sale di fronte ai colossi grigi che manifestano perentoriamente il possesso di un territorio. Caricheranno l'auto? Sembra che non lo facciano alla fine quasi mai, ma questi in particolare lo sapranno che non è il caso e che poi la media conta fino ad un certo punto? Intanto l'orda continua a spostarsi lentamente tutto attorno; alla fine si crea un piccolo varco nella giusta direzione di fuga. Ti allontani lentamente, i guardiani paiono dire: - Alla buon ora, l'avete capita che ve ne dovete andare! - e vittoriosi si girano a strappare qualche ciuffo d'erba tenera. Davvero una sensazione primordiale ed intensa. Continui per tutto il giorno a girare nel parco e ancora altri pachidermi ti sbarreranno la strada o alternativamente li vedrai piccoli e lontani sulla riva del fiume o ad allontanarsi tra le piante. Le scimmie dispettose in agguato ti ruberanno ancora il pranzo mentre te ne stai a guardarli da una balconata naturale all'ombra di un immenso baobab, ma prima di lasciare definitivamente Tarangire, devi concludere, che forse l'animale davvero padrone del parco non è l'elefante. Infatti, fin dal primo mattino all'ingresso, alla sera quando te ne vai mentre il sole è ormai basso, nemmeno per un istante non sei stato martoriato da nugoli fitti di mosche tze tze, che per tutto il giorno non hanno dato neppure un attimo di tregua. 
Gli elefanti di Tarangire.
Sono una specie di tafano piuttosto grosso, lungo e sottile, di una mobilità e velocità inusuale al confronto delle comuni mosche che, quando prendono di mira un'auto non la mollano più. Lo sciame continua a seguirti ti si posa dappertutto alla ricerca delle mucose più tenere, cerca di entrarti in bocca, sugli occhi, senza il minimo timore, intanto per quanto cerchi di schiacciarle o cacciarle sono sempre più rapide del gesto delle tue mani. E' una persecuzione ossessiva che, all'inizio, terrorizzato dai pericoli che il solo nome ti fa paventare, ti costringe ad un ipercinetico dibatterti, che provoca un insensato dispendio di energie, poi col passare delle ore, finite le scariche di adrenalina, ti lasci andare al destino, succeda quel che deve succedere  e capisci come mai bambini, donne, adulti rimangano alla fine immobili, esausti, vinti infine, senza reagire più, ricoperti da nugoli di questi insetti insopportabili. Così torni al campo, proprio mentre la mosca cede alla zanzara. Ernest dice di non preoccuparsi troppo. Ma e il tripanosoma? Sembra non ci sia troppo pericolo, da queste parti è piuttosto raro. Si dovrebbe essere abbastanza sfortunati per beccarsi la malattia del sonno, almeno così si dice. Adesso scusate vi lascio, da un po' di tempo a questa parte, mi ha preso un certo torpore. Vado a fare un pisolo. Magari ci sentiamo domani e non è detto che poi sia un gran male, non avere voglia neanche di ascoltare un telegiornale.
Gli elefanti di Tarangire.

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