Vi ricordate
I predatori dell’arca perduta? Il film che diede il via alla saga di Indiana Jones? Bene, alla fine del film l’arca finisce in un gigantesco magazzino del governo americano, insieme a migliaia di altri tesori secretati al popolo per il suo bene. Probabilmente Jeff Bezos (fondatore di Amazon e a capo di un colosso globale da 16 MLD di dollari di fatturato solo nel secondo semestre del 2013) ha realizzato prima di molti di noi che stava a lui sostituirsi ai singoli Stati nella “cura” dei suoi cittadini/consumatori. Per farlo ci ha abituato ad avere a un costo più basso e in un tempo ridotto tutto ciò che volevamo (dai libri, ai DVD, dal calendario di Barbie al cibo per cani allergici) con un semplice click. Ci è piaciuto e ci è convenuto, ma questo trionfo della globalizzazione ammantata d’innovazione può diventare faticoso se immaginiamo di passare dall’altro lato del cavo e di trovarci in una delle decine di magazzini per lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti Amazon.Negli ultimi mesi, dall’articolo di Carole Cadwalladr sul The Observer, al video di Adam Litter sulla BBC, all’articolo di Jean-Baptiste Malet su Le Monde diplomatique, la stampa europea sta cercando di farci vedere ciò che il premuroso Bezos ha obliato per noi. Ma basterà a non farci cliccare “aggiungi al carrello” e se questi posti di lavoro venissero cancellati, qualcuno ne creerebbe altri appena un po’ più decorosi nella una volta ricca Europa, patria dei diritti dei lavoratori? E noi saremmo disposti ad aspettare un giorno in più per far prendere una boccata d’aria agli elfi di Amazon?