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Gli equilibristi di Ivano De Matteo

Creato il 29 settembre 2012 da Spaceoddity
Gli equilibristi (2012) di Ivano De Matteo è una discesa all'inferno. Esempio di film incentrato sul suo contenuto, senza sbavature ad appannarlo, è la storia di una famiglia che si rompe per via di una relazione extraconiugale di lui, Giulio (Valerio Mastrandrea), che lei, Elena (Barbara Bobulova) non riesce a sopportare più. Vittime sacrificali di questo momento sono i figli, l'adolescente Camilla (Rosabell Laurenti Sellers) e il piccolo Luca (Lapo De Matteo), legatissimi ai genitori. Gli equilibristi di Ivano De MatteoIn questo gioco al massacro, dove i protagonisti lottano per farcela, tra lavori poco remunerati e crisi che incombe, in una Roma impossibile da vivere, i ragazzi sono quelli che soffrono di più e si fanno apprezzare per un garbo davvero insolito, raro ma non per questo irreale. La loro vita continua, sia pure alle prese con il trauma della separazione, il sorriso e la voglia di vivere continuano a rifiorire sui loro bei volti.
Si dirà forse che il momento della separazione tra marito e moglie è un po' troppo semplificato, ma mi sembra che quello sia solo un prologo, che il film stia nello sviluppo di questa crisi iniziale. Gli equilibristi, scandito come un'odierna tragedia realista, in realtà funziona molto bene, ha un buon ritmo e condensa in modo apprezzabile il vissuto di quattro persone e di coloro che stanno al loro fianco. La regia è accorta e gode della bellissima fotografia di Vittorio Omodei Zorini, che si fonda sulle linee verticali (fin nella locandina), attraverso le quali la vita di questi uomini e di queste donne d'oggi appare come di scorcio e un po' sullo sfondo, costringendo il pubblico quasi a prendere posizione per osservare meglio una storia tra le altre della nostra modernità, che del resto emerge tutta. Non per nulla, la messa a fuoco ondeggia tra primo e secondo piano, lasciando quasi allo spettatore decidere cosa guardare. Per parte loro, gli attori, tutti molto bravi, rubano a ragione la scena ovunque si trovino e impongono un'empatia senz'altro dolorosa, ma necessaria allo sviluppo della trama, che si sviluppa un po' per episodi, a ben guardare neanche troppo vicini tra loro. Lo stesso finale, un po' brusco, si inserisce alla perfezione in questo quadro e viene sigillato da una sigla di chiusura che chiude il cerchio e contribuisce al tratteggio di questa nostra Italia centrifuga che annaspa.

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