Gli haiku italiani: “inverno”, una raccolta al cuore del bianco

Da Postpopuli @PostPopuli

“Gli haiku italiani: Inverno, una raccolta al cuore del bianco”

Degli haiku avevo sempre sentito parlare, ma non me n’ero mai occupato. Farmeli scoprire è stato merito di Inverno, una preziosa raccolta bilingue di autori italiani di questa semplice, intensa ed enigmatica forma di poesia dalle origini giapponesi e dallo schema sillabico 5-7-5.

Bello anche materialmente, questo volumetto delle Edizioni della Sera, a cura di Fabrizio Corselli, con i versi isolati al centro di pagine bianche, come ideali gocce d’inchiostro in cui è concentrata l’essenza lirica, profonda e a volte perturbante (e dunque sublime in senso burkiano, come ricordano i saggi del Prof. Giuseppe Panella) di questa forma poetica, il cui merito è quello di concentrare in uno spazio ristretto l’anima intima di momenti di vita vissuta, pensata, ricordata o immaginata.

Tante le sfumature colte da questi haiku, che ruotano appunto attorno al tema dell’inverno, e dunque del freddo, del biancore, della solitudine e di altri sentimenti che è intuitivo associare a questa stagione. Dagli spunti più semplicemente – ma non banalmente – descrittivi

“gelida neve

sul prato invecchiato

riflette luce”

(Maria Cristina Biasoli, p. 39)

a spunti sinestetici quasi proustiani

“un libro in mano

foglie tra le pagine –

nessun ricordo”

(Tina Caramanico, p. 49),

da http://it.paperblog.com/

per passare a intuizioni di contatto al di là dei limiti dello spazio, che sembrano riecheggiarespunti saffici

“acqua gelata

toccarti da lontano –

mare d’inverno”

(Lucia Antonietta Griffo, p. 111)

e, ancora, a intuizioni di “oltre” di stampo crepuscolare

“nel cimitero –

sospirare di morti

sotto la neve”

(Fabio Rapizza, p. 177)

Gli esempi potrebbero essere molti altri ancora, ma vi priverei del piacere di leggere questo libro, che valorizza al massimo la ricchezza espressiva che si può raggiungere nell’ermetismo.

E poi, a mio avviso, è proprio quello schema sillabico, 5-7-5, a essere efficace, perché è al tempo stesso ficcante (nei due estremi) e disteso (nel mezzo), puntuale (tendenzialmente nel primo e nell’ultimo verso) e argomentato (in quello centrale). Peraltro, questo non è necessariamente vero, perché – come sottolinea Luca Cenisi nella sua prefazione – a volte (lo si è visto in alcuni haiku riportati sopra) ci sono delle pause, come dei singulti sospensivi: si tratta di quelle cesure (dettekireji), rappresentate graficamente da un trattino di separazione, che, come farebbero improvvise pause in un discorso musicale, spiazzano e creano nella mente del lettore/uditore lo spazio per una sollecitazione sensoriale o spirituale inaspettata.

Un’altra conferma della musicalità intima dello haiku, come di tutta la poesia degna di questo nome.

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