Mentre riflettevo e tentavo di documentarmi su questo asterismo sono venuta a conoscenza di un contributo del filosofo contemporaneo Sergio Givone, già professore di Estetica all'Università degli Studi di Firenze, intitolato La figura dell'Idiota nella letteratura contemporanea. Da Dostoevskij a Singer e a Malamud,pubblicato sulla rivista Giornale di Metafisica, 1982, anno IV vol.1, che, nonostante tutti i miei sforzi, non sono riuscita a reperire in digitale né in cartaceo. Mi scuso quindi in anticipo se dovessero esserci sovrapposizioni ad una teoria da lui certamente illustrata con infinito maggiore acume e profondità di quanto non avvenga in questo post, e ribadisco il rimpianto per non aver potuto leggere il suo testo. Da quanto ho tuttavia potuto ricostruire in base ai frammenti impigliati nella Rete, la figura dell'idiota a cui Givone pensava è probabilmente il Gimpel di Isaac Bashevis Singer, piuttosto che non il protagonista del romanzo Yoshe Kalb, se non altro perché la riscoperta e la pubblicazione delle opere di Israel Jeoshua Singer, autore anche de I fratelli Ashkenazi e La famiglia Karnowski, in Europa e soprattutto nel nostro Paese, ha una storia molto più recente.
Il protagonista del romanzo di Israel Jeoshua Singer, Nahum/Yoshe è, invece, del tutto diverso. Innanzitutto, egli non nasce come idiota: Nahum, infatti, è,all'inizio del romanzo, un ragazzino appena tredicenne, ancora figlio di famiglia, che improvvisamente si vede catapultato nel ruolo di marito di Serele, una ragazzotta già formata, timida e sottomessa, che ha consacrato la propria vita ad una silenziosa obbedienza all'autorità maschile. Serele è infatti l'ultima figlia del Rabbi Melech, il sessantenne energico, collerico e chiassoso rabbino di Naysheve ( shtetl della Polonia orientale, dominio dell'Impero austroungarico). Naturalmente, per il giovane Nahum l'impatto con il caravanserraglio della corte rabbinica è devastante: è l'impatto con la vita, all'improvviso e tutta in una volta, senza iniziazione. In un primo tempo Nahum sente, struggente, il rimpianto della sua casa a Rachmanivke, in Russia, con la madre, distante e aristocratrica, che coccolava e vezzeggiava il suo bambino; poi, la corte di Nashyeve diviene improvvisamente insostituibile. Perché vi è arrivata Malka, la ribelle e indomita quarta sposa sedicenne del Rabbi. Quando i loro sguardi si incontrano, i due trasalgono( conoscersi è luce improvvisa) e tra loro scorre il fuoco sotterraneo della passione proibita.
Ma Nahum resiste al richiamo dei sensi e addirittura parte per sottrarsi alla tentazione. Il Destino- o il Maligno-, però, sotto le spoglie di Malka, non gli consente di fuggire da sé stesso: in una notte terribile, dopo il suo ritorno, Malka in un parossismo di follia dà fuoco alla sinagoga per creare un diversivo al crimine della loro passione.
La punizione non tarda ad abbattersi sui peccatori. Malka, rimasta
incinta, muore di parto, e neppure dopo morta accetta di cedere la creatura che ha in grembo. Nahum abbandona Serele e se ne va nella notte, senza una parola. Da questo momento il suo regno non sarà più di questo mondo. Egli vagherà, mezzo vestito e scalzo, con una bisaccia contenente i soli rotoli dei Salmi ed una pietra come zavorra; tra i mendicanti del villaggio di Bialogura, dove arriva, accetterà ogni insulto ed ogni percossa, seza smettere di recitare i Salmi; accusato e sottoposto a processo per aver sedotto e messo incinta Zyviah, la figlia idiota dello scaccino (crimine di cui è assolutamente incolpevole), non si difende e non nega, accettando il matrimonio con lei voluto dal villaggio come opera buona realizzata per allontanare la collera divina che, sotto forma di epidemia (di difterite?), sta uccidendo i bambini del villaggio.Dopo il matrimonio, Yoshe/Nahum fugge di nuovo per tornare a Nashyeve,dimostrando una perfetta padronanza di sé e ricordando ogni particolare del giorno della sua partenza viene salutato dalla comunità come un santo. Anche nella superstizione demente, alla comunità di Bielogura egli era apparso nella doppia veste di colpevole e di salvatore,novello Messia (molto toccante la pagina in cui il Rabbi Meir, il rabbino di Bielogura, si dice sicuro di interpretare i segni della venuta del Messia) e capro espiatorio che attira su di sé irresistibilmente lo scherno e le percosse degli abitanti del villaggio.
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Yoshe Kalb non è un romanzo sull'amore più di quanto lo sia L'idiota. Eppure Malka, nella sua isteria passionale e ribelle, ricorda molto il personaggio di Nastas'ja Filippovna, con la quale condivide il destino, lei vittima di sé stessa, Nastas'ja dell'amore possessivo e malato di Rogozin.
Anche Nahum sembrerebbe . Ma solo in apparenza. L'amore e la colpa gli rivelano la sua non appartenenza al mondo. . Yoshe vede il mondo, ma non lo guarda, non ne è interessato:
"Yoshe, di dove sei?""Sono del mondo"."Perché sei venuto nella nostra città?""Non lo so"."Che cosa vuoi qui, in mezzo a noi?""Niente"."Chi sei? Sei orfano, o hai genitori?Sei scapolo, o vedovo? Sei divorziato, o hai lasciato una moglie in qualche luogo?""Sono una pietra".Il suo sguardo è rivolto verso l'alto: accelerare la venuta del Messia, che si manifesterà quando saranno tutti santi o tutti peccatori. Nel secondo processo che è costretto a subire per stabilire definitivamente la sua identità, ovvero se egli sia il genero di Rabbi Melech o Yoshe il tonto di Bielogura, si vedrà rivolgere queste parole, col tono di una maledizione e di una condanna inesorabile:
"Sei Nahum e sei Yoshe; sei dotto e sei un ignorante;[...]Tu non sai quello che fai; non v'è alcun gusto nella tua vita né nelle tue azioni perché non sei nulla tu stesso,perché, ascoltami bene!,tu sei un morto errante nel caos del mondo!"
Nel suo famoso saggio Tolstoj o Dostoevskij, Georg Steiner,ci rivela ancora quanto in realtà, per comprendere la profonda ambiguità della figura di Myškin siano illuminanti gli abbozzi preparatori del romanzo. Inizialmente, infatti, Myškin avrebbe dovuto accogliere molti tratti della figura di Stavrogin: non solo la crudeltà della sua "bellezza rivoltante", ma anche il matrimonio segreto e i pubblici insulti subiti da Stavrogin. Poi, naturalmente, avverrà la scissione dei personaggi; tuttavia, l'iniziale ambivalenza di Dostoevskij rivela in realtà la ricorrenza quasi ossessiva delle tematiche dostoevskijane in tutta la sua produzione narrativa, se è vero, come sostiene Proust, che tutti i romanzi di Dostoevskij si sarebbero potuti intitolare Delitto e castigo.
Ma quale delitto può mai aver commesso Myškin, principe delle anime belle? Secondo Steiner, "i l "delitto" di Myškin è il prevalere della compassione sull'amore, poiché se c'è una cecità dell'amore ("Re Lear" ), allo stesso modo c'è una cecità della pietà. Il principe "ama" sia Nastas'ja sia Aglaja,e tuttavia il suo amore non abbraccia nessuna delle due.[...]L'"idiota" è l'incarnazione dell'amore, ma in lui l'amore stesso non è fatto carne.[...] Quest'ambiguità è resa ancora più complessa dall'associazione di Myškin con Cristo[...] Come afferma Henri Troyat nel suo "Dostoevskij", l'impotenza del principe è presentata...attraverso una generale incapacità di azione "Quando cerca di agire, sbaglia....Non ha saputo adattarsi alla condizione umana. Non è riuscito a diventare un uomo".
Parole quasi identiche quelle scelte da Michail Bachtin nel suo fondamentale saggio Dostoevskij. Poetica e stilistica, per indicare il paradossale rovesciamento dei valori, lo scandalo provocato dalla estraneità di Myškin alle cose del mondo:
Nel romanzo "L'idiota" la carnevalizzazione si manifesta ad un tempo con una grande evidenza esteriore e con un'enorme profondità interiore del senso carnevalesco del mondo (in parte grazie alla diretta influenza del "Don Chisciotte" di Cervantes).
Al centro del romanzo è la figura carnevalescamente ambivalente dell'"idiota", il principe Myškin. Quest'uomo in senso particolare, superiore, non occupa nessuna posizione nella vita che possa determinare il suo comportamento e limitare la sua umanità pura. Dal punto di vista della consueta logica pratica tutto il comportamento e tutte le sofferenze del principe Myškin sono fuor di luogo ed eccentriche in sommo grado. [...] Si può dire che Myškin non possa entrare nella vita fino in fondo, incarnarsi fino in fondo, assumere una limitatrice determinatezza di vita. È come se rimanesse sulla tangente al cerchio della vita. È come se egli non avesse un involucro vitale che gli permetta di occupare un posto determinato nella vita (allontanando con ciò stesso gli altri da questo posto), e perciò egli sta sulla tangente alla vita. Ma appunto per questo egli può penetrare attraverso l'involucro vitale degli altri, nel loro profondo io.
In Myškin questo essere sottratto ai rapporti comuni di vita, questa costante inopportunità della sua persona e della sua condotta hanno un carattere integrale, per così dire organico e ingenuo, egli è appunto un "idiota".
I personaggi che incontrano il principe hanno la rivelazione improvvisa della luce abbagliante del Bene, ma al tempo stesso provano immediatamente l'impulso di annientarlo fisicamente- lo schiaffo di Ganja, il fallito attentato di Rogozin. La persone attorno a lui lo amano e lo odiano, lo scacciano, lo allontanano. Perché tutti improvvisamente prendono coscienza della propria miseria. Lo specchio morale in cui si guardano restituisce loro un'immagine insopportabile; per questo si attaccano disperatamente a lui, in una furiosa quanto vana brama di redenzione. Come osserva infatti Fausto Malcovati nella sua introduzione a L'idiota (Garzanti 1973):"[Myškin] non salva [il mondo], è vero, ma lo turba con la sua bontà, la sua innocenza, lo inquieta,lo sconcerta,gli toglie arroganza, lo costringe a mettersi in discussione, a rivedere i propri canoni".
Nella bontà di Myškin resta tuttavia un fondo di irriducibile ambivalenza. Il principe è consapevole di essere inadatto al mondo, ed ha un'oscura e colpevole coscienza della propria inettitudine, dell'incapacità di compiere il male ma anche il bene, di non riuscire mai a trasformare il sacrificio personale in una missione di effettivo riscatto degli umiliati e offesi dalla loro condizione.
"Io stesso so di aver vissuto meno degli altri, e comprendo la vita meno di chiunque altro"; o ancora: "Sono colpevole e lo so. Lo so! Probabilmente sono in colpa da ogni punto di vista- non so assolutamente come - ma sono colpevole".La sua colpa è la scelta di non agire, di non fare nulla per salvare Nastas'ja da Rogozin né Rogozin da sé stesso. Eppure mai come in queste parole si svela la valenza cristologica della figura di Myškin, l'Agnello di Dio che assume su di sé ( toglie) i peccati del mondo.
Nahum/Yoshe non assume su di sé questo carico. A lui manca l'aspetto che maggiormente contraddistingue il principe My škin: la pietà per gli uomini. Pietà per gli errori, le debolezze, le sofferenze (la caduta di Nastas'ja, la superba fragilità di Aglaja, l'ambizione disperata e impotente di Ganja). Nahum/Yoshe non ne è toccato: il suo Dio è solo un terribile Giudice, che condanna la colpa al fuoco della Geenna. (Simbolico il rogo della sinagoga). Yoshe si ritiene impuro e indegno degli uomini, così come My škin; ma non ha speranza di redenzione ne per sé stesso né per gli altri. Se il principe alla fine soccomberà al male del mondo scivolando irrimediabilmente nella sua idiozia, , per Yoshe l'unica risposta possibile sarà ancora una volta la fuga, ultima e definitiva, dal caos del mondo ma anche dalla vita stessa, per trovare rifugio nella dimensione imperscrutabile del trascendente.
RISORSE
*Un articolo di Renato Barilli sull'attualità della figura dell'" Idiota " precursore dei grandi inetti del Novecento
** L'articolo di Pietro Citati sul Corriere della Sera scritto in occasione della pubblicazione di Yoshe Kalb per i tipi Adelphi
*** Un folgorante articolo di Sandro Modeo sulla lezione di My š kin