Con la narrativa francese - così come con il cinema - di tanto in tanto mi capita. Grande attesa per il titolo consacrato dalla critica e magari anche dal pubblico - succede assai più spesso che da noi - il senso di un'opera che mette il coltello nella piaga, che regala uno sguardo diverso, che dovrà stupire per cinismo o per leggerezza, per intensità o per indifferenza, e poi, alla resa dei conti, eccoci alle prese con qualcosa che tutto sommato riesce più insipido di ogni aspettativa.
Con gli Imperdonabili di Philippe Djian mi è andata proprio così. Mi aspettavo di più. E non che la storia non sia intrigante, che i personaggi non incuriosiscano, che non siano importanti i temi che affronta - dal tradimento all'incapacità di perdonare e lasciarsi alle spalle il passato fino al difficile intreccio tra vita e scrittura - ma alla fine il gioco non funziona. Sarà che è tutto un po' risaputo...
Rimangono - mica è poco - le atmosfere di questa Francia atlantica. Rimangono pagine sull'impotenza della letteratura, sull'incapacità della letteratura di redimere la vita.... E anche questo non è poco..