Magazine Diario personale

Gli Inoccupabili

Da Fugadeitalenti

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L’ho sempre scritto, dalle colonne di questo blog. Odio la prostituzione intellettuale. Non sopporto gli echi delle polemiche inutili, che non portano da nessuna parte. Sono il primo ad attaccare la classe dirigente italiana, quando si permette di fare la morale. Ma quando dice cose giuste, è veramente idiota darle contro.

Elsa Fornero sbagliò, quando usò quell’odioso aggettivo, “choosy”, per definire i giovani italiani. Enrico Giovannini invece ha centrato l’obiettivo, utilizzando il termine “inoccupabili”. Tutte le polemiche che ne sono seguite, prendendo a scudo i giovani (in modo molto ipocrita, peraltro), sono state polemiche frutto -ancora una volta- o di ignoranza, o di prostituzione intellettuale.

Siamo un Paese ignorante, che ci piaccia o no. Nel senso più letterale del termine. L’indagine Ocse, che ci ha messo due belle orecchie da asino in lettere e matematica, non fa altro che prendere atto di una situazione di fatto. Due decenni di devastazione culturale hanno fatto esplodere il problema di un’intera nazione, dove il tasso di laureati è inferiore alla media europea. E quei pochi laureati sopravvissuti hanno uno dei tassi di occupabilità inferiore, rispetto al mondo occidentale.

In questo senso, e ha perfettamente ragione il Ministro Giovannini, siamo un Paese di “inoccupabili”. In un contesto globale, dove i Paesi vincenti del prossimo futuro investono a man bassa sul capitale umano, noi cosa abbiamo da offrire? Una manciata di laureati e dottorandi, eroi della scolarizzazione in un Paese che ha fatto di “Chi” e “Novella 2000″ i propri libri di testo principali?

Giovannini ha ragione, in questo. Punto. Il problema casomai è un altro. E duplice:

a) rovesciamo questo paradigma culturale, davvero idiota. Rendiamo “trendy” lo studio, la scolarizzazione, la formazione, l’investimento in capitale umano. Rendiamo “sfigato” l’ignorante, il cafone, il furbo, il raccomandato senza titoli di studio. Compito difficile, per l’appunto, dopo due decenni di totale devastazione culturale;

b) per farlo, però, e qui posso dare ragione parzialmente a chi critica Giovannini, dobbiamo anche operare una profonda operazione chirurgica all’interno della nostra classe dirigente. Sarò un po’ brutale nel dire che andrebbe fatta una gran bella piazza pulita. La nostra classe dirigente “zero titoli”, che non ha mai visto un banco d’università neppure col binocolo, o che ha millantato di averlo visto, andrebbe sostituita con un’altra munita dei titoli giusti. E la formazione internazionale giusta. Finchè l’uomo o manager di successo sarà vecchio e ignorante, oppure giovane e ignorante… il punto a) di cui sopra sarà ben difficilmente realizzabile.

Intanto che succede? Un’indagine del settimanale L’Espresso rileva come -in cinque anni- il numero dei residenti italiani all’estero è aumentato del 20%. Fuggono soprattutto i 35-44enni: le regioni che perdono più cittadini sono Campania, Sicilia e Lazio. Ma l’ultimo quinquennio ha visto svilupparsi una fuga soprattutto dall’(ex)-ricco Nord: Trentino +35,5%, Lombardia +35%, Liguria +32%.

Sei laureandi/laureati su dieci (quindi “occupabili”…) preferiscono un’esperienza di lavoro all’estero, secondo un’indagine Spinlight Pm.

Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giustamente rileva come gli italiani che emigrano dovrebbero farlo “per scelta, e non per obbligo“, rispondiamo con il titolo -davvero perfetto- che il “Corriere del Veneto” ha riservato a un’inchiesa sui giovani trevigiani che lasciano l’Italia.

“Meritocrazia, più soldi e niente furbetti – Ecco perché viviamo all’estero”. Facile, no?

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