I consorzi rappresentati
Ma cosa vogliono dire queste sigle? Molti di noi lo sanno ma per molti significano un vago eco che rimanda all’eccellenza senza però sapere realmente cosa c’è dietro. La sigla DOP (Denominazione d’Origine Protetta) è un simbolo di origine che viene riconosciuto a quei prodotti le cui specificità e caratteristiche sono dovute all‘ambiente geografico in cui sono prodotti. Per ottenere questo riconoscimento, tutte le fasi della produzione, trasformazione ed elaborazione del prodotto devono avvenire nell’area geografica delimitata, seguendo un processo produttivo conforme ad un preciso disciplinare di produzione, nel rispetto della ricetta tradizionale.La sigla IGP (Indicazione Geografica Protetta) è un simbolo di origine che riconosce il valore di una particolare specialità alimentare, prodotta in una determinata zona geografica alla quale può essere attribuita una specifica qualità, la reputazione o un’altra caratteristica. Per ottenere il riconoscimento almeno una fase della produzione, trasformazione o elaborazione deve avvenire nell’area delimitata, seguendo un processo produttivo conforme ad un preciso disciplinare di produzione, nel rispetto della ricetta tradizionaleL’Unione Europea ha stabilito questi due livelli di riconoscimento: DOP e IGP, tramite i quali intende proteggere i nomi dei prodotti e la loro tipicità dalle imitazioni e dagli abusi, sostenere le diverse produzioni e aiutare i consumatori nella scelta dei prodotti alimentari.Entrambe le denominazioni tutelano i prodotti attraverso un approccio territoriale, che comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani (tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, know-how). Sono questi gli aspetti che permettono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di quella determinata zona.E come viene garantita a noi consumatori questa tipicità? Le garanzie di qualità dei prodotti DOP e IGP sono assicurate da un doppio meccanismo:L’ente certificatore, al termine delle verifiche, se i prodotti risultano conformi al disciplinare, li certifica come denominazione protetta.La supervisione del sistema ed altre verifiche, anche successive alla commercializzazione, sono svolte direttamente dal Mipaaf . La vigilanza sulla commercializzazione è dunqueuna funzione affidata generalmente dal Mipaaf ai Consorzi di Tutela, l’attività di vigilanza consiste nel verificare che le produzioni certificate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari e che prodotti similari non ingenerino
Ma cosa sono i I CONSORZI DI TUTELA?
Sono organismi senza scopo di lucro composti dai soggetti direttamente coinvolti nella filiera produttiva (produttori e/o trasformatori) del prodotto tutelato.Nascono per salvaguardare, promuovere, valorizzare i prodotti DOP e IGP e curare in generale gli interessi del comparto di riferimento.L’obiettivo dei Consorzi di tutela è salvaguardare la qualità dei prodotti a denominazione di originee valorizzare i marchi a livello nazionale e internazionale.Adesso vi racconto invece dei due salumi che mi sono stati inviati e che potete ritrovare nelle ultime ricette pubblicate.
PROSCIUTTO DI MODENA DOP
STORIALe origini del Prosciutto di Modena affondano in tempi antichissimi, probabilmente addirittura all’età del bronzo: i primi documenti risalgono all’epoca dei Celti, che introdussero la pratica di conservare le carni col sale, e dei Romani che allietavano i loro banchetti con porchette, prosciutti e salsicce. I soldati romani partivano per le lunghissime campagne con rilevanti quantità di carne suina salata e prosciutti che provenivano dalla florida pianura del Po.La zona di produzione del Prosciutto di Modena corrisponde alla fascia collinare ed alle valli che sisviluppano attorno al bacino oro-idrografico del fiume Panaro e che partendo dalla fascia pedemontana non supera i 900 metri di altitudine, comprendendo ancheterritori delle province di Bologna e Reggio Emilia.DESCRIZIONE Il Prosciutto di Modena si caratterizza per una forma tipicamente a pera con un peso medio attorno agli 8 - 10 kg. Al taglio si presenta di colore rosso vivo, con un profumo estremamente gradevole, intenso, ma mai forte. Il sapore dolce e pieno non è salato. Il climaparticolare del territorio appenninico, caratterizzato da uno scarso livello di umidità, favorisce una stagionatura che raggiunge elevati livelli qualitativi.La lavorazione del Prosciutto di Modena inizia con la rifilatura della coscia fresca: il prosciutto ha così acquistato la sua caratteristica forma a pera ed è pronto per passare alla fase della salagione. Questa avviene con l’aspersione di cloruro di sodio in quantità tale da consentire, a fine stagionatura, un sapore sapido ma non salato. Le operazioni di salagione sono ripetute due volte per un periodo complessivo di 20 giorni circa (primo e secondo sale); dopo di ché le cosce salate vengono poste a riposo in apposite stanze a temperatura ed umidità controllata, per circa 60 giorni, durante i quali il sale viene assorbito in maniera omogenea dalla carne.Le cosce vengono poi avviate alla vera e propria stagionatura in ambienti realizzati per ottenere condizioni di umidità e temperatura naturali, grazie alla costante ventilazione ed aerazione. La durata complessiva della stagionatura è di almeno 14 mesi, anche se può subire piccole variazioni in base alla pezzatura dei prosciutti.CAPOCOLLO DI CALABRIA DOP
STORIALe origini della produzione dei salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione greca delle coste joniche. La più antica testimonianza scritta nell’alimentazione delle genti meridionali si deve a Marco Terenzio Varrone, letteratoromano del I secolo a.C. Egli scrisse di “una carne tritata, insaccata in un budello”, che i soldati romaniimpararono a produrre dalle popolazioni meridionali.Un altro romano, Marco Gavio Apicio, nel suo celebre “De re coquinaria”, conferma che la preparazione dei salumi richiedeva il sale e il pepe. Le prime documentazioni certe riguardanti la tradizione legata alla lavorazione delle carni suine risalgono al 1600. Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi troviamo Giacomo Casanova, che narra di aver pranzato presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti in Calabria. Qui assaggiò con particolare godimento i salumi della Calabria, che giudicò i migliori che avesse mai mangiato.DESCRIZIONE ll Capocollo di Calabria DOP si presenta con forma cilindrica, avvolto in pellicola naturale, legato a mano in forma avvolgente con spago naturale. Ha un colore roseo o rosso più o meno intenso ed un sapore delicato che si affina con la maturazione. I salumi di Calabria a marca DOP offrono un buon apporto di proteine, hanno un giusto contenuto lipidico e sono fonte di preziosi sali minerali.Si caratterizzano inoltre per il loro sapore piccante e per il profumo intenso e naturale.Il Capocollo di Calabria DOP è preparato utilizzando le carni della parte superiore del lombo dei suini, disossato e quindi salato a secco o in salamoia, con sale da cucina macinato. Alla salatura, che dura da quattro a dieci giorni, seguono il lavaggio con acqua e aceto di vino, la pressatura e l’aggiunta di pepe neroin grani. Avvolto in diaframma parietale suino e legato in senso avvolgente, con spago naturale, viene stagionato per non meno di cento giorni.Un post lunghetto? Vero, però spero vi abbia fatto piacere leggerlo.