30 maggio 2012 di Orazio Motolese Lascia un commento
Tra i giovani sportivi l’uso di integratori alimentari, allo scopo di migliorare le prestazioni atletiche, è assai diffuso. Tale pratica interessa sia i ragazzi che praticano sport a livello amatoriale sia quelli che intraprendono la carriera agonistica. La conoscenza dei benefici e dei limiti di un’integrazione alimentare è frammentaria e al momento non c’è alcuna evidenza scientifica che ne dimostri la necessità nella pratica sportiva della popolazione sana. La supplementazione dietetica dovrebbe essere sempre prescritta dal medico (dosi, durata del trattamento, controlli clinici periodici) e solo in casi ben selezionati, in cui particolari situazioni metaboliche ne consiglino l’uso.
La cultura del “vincere ad ogni costo” sta sostituendo una concezione di sport basata sulla socializzazione, il rispetto delle regole e la salute fisica. Il mondo scientifico dovrebbe fornire messaggi chiari: l’allenamento è l’unico mezzo utile e scientificamente provato per migliorare la prestazione atletica del giovane sportivo.
Il livello di attività muscolare ottenibile è determinato dal proprio patrimonio genetico, dalle condizioni generali di salute, dall’allenamento e da sostanze ormonali e neuroendocrine coinvolte nella regolazione dell’attività metabolica. L’intensità di un esercizio fisico è limitata dall’accumulo dei prodotti della glicolisi anaerobica (meccanismo biologico che consuma zuccheri in carenza di ossigeno). Per migliorare le prestazioni fisiche sono così necessarie un maggior rifornimento di ossigeno ai tessuti e una più veloce utilizzazione dell’ossigeno da parte delle fibre muscolari.
L’allenamento di potenza e di resistenza avvia processi d’adattamento nel muscolo scheletrico e nell’apparato cardiovascolare garantendo una migliore performance atletica. L’uso di steroidi anabolizzanti o di integratori alimentari come la creatina mira a potenziare o accelerare tali risultati.
Si definiscono integratori alimentari i prodotti a base di vitamine, minerali e altre sostanze di interesse nutrizionale e fisiologico. Sono collocabili nelle seguenti categorie:
- prodotti finalizzati ad una integrazione energetica
- prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline causate dalla sudorazione conseguente alla attività muscolare svolta
- prodotti finalizzati all’integrazione di proteine
- prodotti finalizzati all’integrazione di aminoacidi e derivati
- altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare
- combinazione dei suddetti prodotti
Tali sostanze non possono essere considerate “dietetiche”, in quanto non sono concepite per rispondere ad esigenze nutrizionali o a condizioni fisiologiche particolari. Il loro impiego ha lo scopo di ottimizzare gli apporti nutrizionali, fornire sostanze di interesse nutrizionale ad effetto protettivo o trofico e migliorare il metabolismo e le funzioni fisiologiche dell’organismo.
Secondo i dati forniti dall’associazione “Libera”, in Italia anno vengono spesi ogni anno 1.500.000.000 di euro in integratori alimentari. Una parte di questo commercio è illegale ed espone i consumatori ad elevati rischi sanitari, associati al mancato controllo del prodotto.
Da una recente ricerca condotta nella città di Roma è emerso che un numero elevato di ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 13 anni assume integratori (creatina e aminoacidi): in media circa il 7% degli intervistati (8% maschi e 6% femmine) con andamento crescente in base all’età (5% a 11 anni, 7% a 12 anni e 9% a 13 anni).
Al momento la conoscenza dei rischi, dei benefici e dei criteri di prescrizione degli integratori alimentari è frammentaria. In linea generale, l’uso di tali prodotti è sconsigliato in gravidanza ed in età pediatrica. Gli integratori non sono inclusi tra le sostanze dopanti ma dovrebbero essere prescritti dal medico esperto di nutrizione solo in casi ben selezionati in cui particolari situazioni metaboliche ne consiglino l’uso.
Dose e durata del trattamento dovrebbero essere chiaramente prescritti così come dovrebbero essere effettuati controlli clinici periodici in caso di uso prolungato (> 6 settimane). L’American Academy of Pediatrics ne condanna severamente l’uso nei bambini e negli adolescenti.