Chissà quante volte vi siete posti questa domanda ansiosi di conoscerne la risposta. La vostra attesa è finita: come sempre la Scienza si è messa in moto per venire incontro ai nostri bisogni. Vediamo quello che ha scoperto.
I delfini hanno dei neuroni che negli umani sono legati all’empatia, all’intuizione e al dolore.
Una madre delfino una volta è stata vista trattenersi per due giorni accanto al suo piccolo morto (vedi foto), lo toccava e lo “chiamava”, “sembrava incapace di accettarne la morte”.
Mettendo insieme le due cose gli Scienziati hanno ipotizzato che questi comportamenti evidenzino che i delfini comprendono il concetto di morte e provino dolore per essa.
Inoltre, un gruppo di delfini è stato osservato mentre aiutava uno di loro, esposto a pesticidi e morente, a restare a galla. Gli nuotavano intorno e “sembravano stressati”, sempre secondo gli Scienziati. Ci si sarebbe aspettato che almeno la madre si trattenesse col cadavere, invece, una volta che lo hanno visto morto hanno tutti lasciato immediatamente quel tratto di mare. Questo perché, secondo gli Scienziati, “erano preparati a quella morte” in quanto se l’aspettavano. Insomma, avevano già elaborato il lutto? Oppure, dico io, quella era una madre snaturata.
Una volta avevamo un pesce rosso. Io lo vedevo girare e rigirare avanti e indietro e con i miei rudimenti di psicologia interpretavo il suo comportamento come sintomo di depressione. Per giunta, il poveretto era tutto solo in quella grande boccia e non aveva nessuno con cui condividere le sue ambasce. E infatti una brutta mattina entrando in cucina per preparare la colazione l’ho trovato sul pavimento immobile, con l’occhio sbarrato e l’espressione triste. Da questo ho inferito che i pesci rossi non solo si deprimono, ma talvolta sono anche preda di istinti suicidi. Per la cronaca, c’è mancato pochissimo che lo spappolassi con gli zoccoli del dr. Scholl che avevo ai piedi.