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Gli italiani al ristorante? Tutti esperti e pronti a chiedere lo sconto

Da Laura Ceresoli

Quando si siede a tavola, un francese è sempre un po' diffidente e a tratti spocchioso. Se però il suo palato viene solleticato da inaspettate leccornie, va in brodo di giuggiole e dopo aver prodigato innumerevoli complimenti lascia una lauta mancia. L'italiano è diverso. Assume subito un atteggiamento amichevole, ti dà del tu perché “tra connazionali all'estero ci si capisce”. Parte dal presupposto che “la nostra cucina mediterranea sia la migliore, non come quei bistrot turistici della via pedonale”. E così si sbafa un pasto luculliano, dall'antipasto al caffè. Si fa offrire pure il digestivo. Al momento di pagare, però, fa di tutto per avere lo sconto. Le strategie per arrivare all'obiettivo, di solito, sono due: c'è chi si appiglia a pretestuose critiche riguardo al cibo appena gustato e c'è chi, invece, dice di non volere lo scontrino in cambio di una ricevuta non fiscale con sconto annesso. Non a caso la parola mancia deriva dal francese “manche” (manica) anche se i più attenti a questo tipo di compenso sono gli inglesi e gli americani: gli euro che lasciano sul tavolo, infatti, non vengono mai messi in modo casuale ma vengono calcolati in base alla cifra finale presente sullo scontrino. Questo perché chi vive negli Stati Uniti sa bene che le mance possono essere, a fine mese, anche il 70% dello stipendio di un cameriere, di solito al minimo sindacale. Tornando agli italiani, per lavoro o turismo, a Nizza ce ne sono moltissimi. E paradossalmente a fare le pulci sullo scontrino sono proprio quelli che in Costa azzurra possiedono seconde case o attici da centinaia di migliaia di euro. C'è chi, tra una portata e l'altra, si arrovella per scegliere la miglior decorazione per il nuovo appartamento appena acquistato a pochi passi dalla rue piétonne. Lo senti parlare con la moglie di stucco veneziano, spatolato o di altre tecniche sofisticate per ridipingere le pareti. Ma si tratta solo della seconda casa perché la prima si trova a Roma, a pochi passi dal Vaticano. Beato lui! Peccato che alla fine del pasto, anziché ricompensare lo sforzo di due giovani che da soli riescono a portare avanti un locale all'estero, assume il classico atteggiamento da amicone e chiede uno sconticino, come se quei 2 euro fossero questione di vitale importanza per il suo budget mensile. Ma i più buffi rimangono quelli che parlano in italiano con uno spiccato accento da ispettore Clouseau, per dimostrare che loro in Francia sono integrati e che la lingua d'origine l'hanno ormai scordata. Peccato che magari abbiano vissuto fino a 5 anni prima a Barletta, complice il codazzo di parenti meridionali che puntualmente si portano appresso ogniqualvolta escono a pranzo. Poi arrivano gli emiliani che esaminano le etichette del nostro Lambrusco da cima a fondo; i napoletani che la sanno lunga sulla mozzarella di bufala campana; certi milanesi, che sostengono che la vera cotoletta non sia quella con l'osso bensì la cosiddetta orecchia di elefante; i bergamaschi che vogliono mettere alla prova la nostra capacità di fare una buona polenta. Insomma, una cosa in questi mesi l'abbiamo capita: ognuno ha le sue ricette, legate alla cucina regionale di origine e alle proprie tradizioni, e pretendere di assecondare i gusti di tutti sarebbe un'impresa a dir poco titanica.
Tratto da: http://issuu.com/affaridigola/docs/adg 

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