Dal 5 di dicembre è apparsa sulle pagine de Il G
Che però lo faccia un quotidiano con i suoi inviati è aberrante.
Che poi i fondi richiesti siano esattamente corrispondenti alle spese che il giornale avrebbe dovuto sostenere quali volo aereo, albergo, traduttore, macchina, cibo etc fa capire alcune cose: 1- Che Il Giornale ha le casse vuote, talmente vuote da non poter rimborsare un suo inviato ; 2- Che il giornale non ha nessun interesse per gli esteri altrimenti non cchiederebbe soldi ai lettori. Se raccogli i soldi bene, altrimenti stai in redazione.
Tra i finanziatori dei progetti in ballo, Libia e Afghanistan, anche la multinazionale Hp. Il significato del crowdfunding è qui completamente manipolato e frainteso.
Il “diventa anche tu editore” lanciato dal Giornale, come modello di citizen journalism, non prevedendo nessun controllo sulle scelte editoriali se non quella di finanziare le spese dell’inviato in base a uno o più proposte già definite non ha anch’esso senso.
Avrebbe senso se venissero finanziati reportage proposti dai lettori (o da giornalisti freelance che non abbiano nessun tipo di rapporto contrattuale con il quotidiano) e messi in atto dall’inviato, o se chi elabora la proposta poi scelta dal quotidiano avesse in qualche modo potere decisionale nella realizzazione della stessa fino al prodotto finale. O addirittura, se giornalista appunto, ad una sua compartecipazione alla realizzazione del progetto (e agli utili che ne deriveranno).
Così è solo un modo per scaricare le spese dei propri giornalisti/collaboratori sull’utente finale, ovvero il lettore…
Quando basterebbe che lo stesso direttore del quotidiano, se avesse veramente a cuore gli esteri, rinunciasse a 20mila euro del suo lauto compenso annuo “devolvendolo” come fondo spese per i suoi inviati per coprire 4 reportage da 5mila euro l’uno.
Ma che un direttore si autotassi per dare giornalismo di qualità è altro campo, ovvero quello delle discussioni relative alla fantascienza.