Sono 8 milioni 272 mila le persone povere in Italia, il 13,8% dell'intera popolazione. E' quanto fa sapere l'Istat, aggiungendo che nel 2010 le famiglie in condizione di povertà relativa sono 2 milioni e 734 mila, l'11% delle famiglie residenti. L'Istituto spiega che si tratta di quelle famiglie che sono cadute al di sotto della linea di povertà relativa, che per un nucleo di due componenti è pari ad una spesa mensile di 992,46 euro.
Nel 2010, inoltre, in Italia sono 1 milione e 156 mila le famiglie, il 4,6% di quelle residenti, che risultano in condizioni di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 129 mila persone (il 5,2% della popolazione residente). L'Istat spiega che sono considerate assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore a quella minima necessaria per acquisire l'insieme di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. Si tratta, quindi, dei "più poveri tra i poveri".
Dai dati emerge che in Italia, nel 2010, risulta povera o quasi povera circa una famiglia su cinque, pari al 18,6% dei nuclei (l'11% sono quelli poveri e il 7,6% sono quelli quasi poveri). E come sempre è il Sud a soffrire di più: una famiglia numerosa meridionale su due è povera. In termini generali, per alcune fasce della popolazione le condizioni sono peggiorate. Infatti l'Istat rileva che la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati dove ad esempio c'é un anziano (dal 18,2% al 23%), e tra quelle monogenitoriali (dall'11,8% al 14,1%).
Nel Mezzogiorno l'incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010, specialmente tra le famiglie con tre o più figli minori. Quindi, quasi la metà di questi nuclei vive in povertà relativa. La povertà relativa aumenta poi tra le famiglie dove la persona di riferimento è un lavoratore autonomo (dal 6,2% al 7,8%) o possiede un titolo di studio medio-alto (dal 4,8% al 5,6%). L'aumento più marcato delle condizioni di criticità si rileva per i lavoratori autonomi (dal 18,8% al 23,6%). Tra le famiglie, invece, con persona di riferimento diplomata o laureata aumenta anche la povertà assoluta (dall'1,7% al 2,1%). E, ancora, peggiora la condizione delle famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro: essenzialmente coppie di anziani con un solo reddito da pensione, la cui quota aumenta dal 13,7% al 17,1% per la povertà relativa e dal 3,7% al 6,2% per quella assoluta.
Maglia nera nel 2010 in quanto a povertà relativa risulta la Basilicata, mentre il fenomeno è più attenuato al Nord e soprattutto in Lombardia, la regione che lo soffre meno assieme all'Emilia Romagna. Si collocano su valori dell'incidenza di povertà inferiori al 6% l'Umbria, il Piemonte, il Veneto, la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e la provincia di Trento. Ad eccezione di Abruzzo e Molise, dove il valore dell'incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi, oltre che in Basilicata (28,3%), si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (26,0%) e in Sicilia (27,0%).
Intanto, in questo fosco scenario socio-economico, la manovra finanziaria diventa legge e chi ne pagherà le conseguenze in termini di sacrifici sarà proprio il ceto medio: famiglie, dipendenti, pensionati. Molto presumibilmente, nuovi poveri che andranno ad aggiungersi ai tanti nuovi poveri di questi ultimi anni.
Il decreto legge vale a regime circa 48 miliardi al 2014. Nel complesso l'entità della manovra lievita nel 2013-2014 oltre 70 miliardi di euro, compresa la delega fiscale, con le modifiche apportate al Senato. Ben il 60% delle nuove entrate arriveranno da nuovi tributi. L'effetto degli emendamenti riduce il deficit di ulteriori 22,608 miliardi al 2014 con miglioramenti del saldo pari a 2,103 miliardi nel 2011, 5,426 nel 2012, 6,529 nel 2013. Vediamo quali sono le principali novità introdotte dal provvedimento.
- SCATTA SUBITO TICKET SANITA': torna, da subito, il ticket sulla sanità da 10 euro su visite e analisi. La copertura finanziaria che doveva garantire la sospensione del ticket fino al 31 dicembre 2011 viene ridotta da 486,5 milioni di euro a 105 milioni.
- RIMODULAZIONE PENSIONI ALTE: rivalutazione al 70% per gli assegni tra i 1.400 e 2.300 euro mentre viene azzerata oltre tale soglia.
- CONTRIBUTO SOLIDARIETA' PENSIONI D'ORO: sarà del 5% per le pensioni da 90 mila euro e del 10% per quelle oltre i 150 mila euro.
- ANTICIPO AL 2013 AGGANCIO ETA' PENSIONI A SPERANZA VITA: anticipato al 2013 (dal 2014) l'aggancio dell'età pensionabile all'aumento della speranza di vita certificato dall'Istat.
- CON 40 ANNI CONTRIBUTI, IN PENSIONE 1 MESE DOPO DAL 2012: posticipo dell'uscita dal lavoro di 1 mese per chi matura i requisiti nel 2012, di 2 mesi per chi li matura nel 2013 e di 3 mesi per chi li matura nel 2014.
- TAGLI LINEARI AGEVOLAZIONI FISCALI: sotto la scure tutte le 483 voci di agevolazioni fiscali che valgono oltre 150 miliardi. Il taglio scatta subito ma non si applicherà nel caso in cui entro il 30 settembre 2013 sarà esercitata la delega fiscale. L'intervento comporterà un aumento della pressione fiscale di circa l'1%. Tra le voci da tagliare "figli a carico", "spese sanitarie", "spese di istruzione", "redditi da lavoro dipendente", "asili nido", "studenti universitari", "ristrutturazioni edilizie", "terzo settore", "Onlus", "Iva", "accise" e "crediti d'imposta". Riduzione del 5% per l'anno 2013 e del 20% dal 2014. Il gettito previsto a copertura del deficit è di 4 miliardi nel 2013 e di 20 nel 2014. Un autentico massacro.
- IMPOSTA DI BOLLO SU DEPOSITI TITOLI RIMODULATA: con periodicità annuale sarà di 34,20 euro per gli importi inferiori ai 50 mila euro, di 70 euro per quelli pari o superiori ai 50 mila euro e inferiori ai 150 mila euro; di 240 euro per importi pari o superiori ai 150 mila euro e inferiori ai 500 mila euro; di 680 euro per importi pari o superiori a 500 mila euro. Dal 2013 l'imposta con periodicità annuale sarà di 230 euro per gli importi pari o superiori ai 50 mila euro e inferiori a 150 mila; di 780 euro per importi pari o superiori a 150 mila euro e inferiori a 500 mila euro e di 1.100 euro per importi pari o superiori a 500 mila euro.
- NOVITA' PATTO STABILITA': entra il coefficiente di correzione connesso alla dinamica nel miglioramento conseguito dalle singole amministrazioni rispetto alle precedenti con riguardo ai parametri di virtuosità dei Comuni. Salta il parametro di virtuosità su rapporto tra spesa in conto capitale, finanziata con risorse proprie e spesa corrente. Tra i criteri di merito la convergenza verso i fabbisogni standard previsti dal federalismo.
- LIBERALIZZAZIONE PROFESSIONI: il governo avanzerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche. In caso contrario, trascorso il termine di 8 mesi dalla data di entrata in vigore della manovra "ciò che non sarà espressamente vietato sarà libero". Un modo per lavarsi le mani e cedere alla levata di scudi delle lobby presenti in maggioranza, a partire da avvocati e notai.
- AMMORTAMENTI BENI CONCESSIONARI: aumento dell'Irap dello 0,3%, dal 3,9 al 4,2% per i concessionari non autostradali; salta il tetto al 2% della deducibilità delle quote di ammortamento dei costi sostenuti per i beni gratuitamente devolvibili. Per le concessioni autostrade e trafori resta confermata la riduzione della deducibilità delle somme accantonate nel cosiddetto "fondo di ripristino" dal 5 all'1%.
- INCOMPATIBILITA' GIUDICI TRIBUTARI: esclusa l'operatività delle limitazioni territoriali nel caso in cui il coniuge, i conviventi, i parenti o gli affini del giudice siano iscritti ad albi professionali nell'ambito regionale ovvero nelle regioni o province confinanti con la regione con cui ha sede la Commissione tributaria provinciale o regionale.
- PIANO PRIVATIZZAZIONI ENTRO 2013: entro il 31 dicembre del 2013 il ministero dell'Economia approverà uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali. Il ministro riferirà al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di attuazione del piano.
- BONUS E STOCK OPTION: aumenta la base imponibile su bonus e stock option sottoposte ad aliquota addizionale del 10%. L'aliquota che ora si applica per la quota che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione, per effetto della modifica si applicherà per la parte eccedente l'importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione.
- ACCISE SUI CARBURANTI: confermati gli aumenti a partire dal 2012.
- FORFAIT IMPRESE GIOVANI: il forfettone al 5% per i giovani che aprono un'attività potrà essere utilizzato fino al 35esimo anno di età senza il vincolo dei quattro anni di durata.
E queste sono le principali reazioni, tutte negative, di società civile e parti sociali. Unanime, in particolare, il coro di critiche da parte degli operatori del sociale.
"Tagli lineari = atto di ingiustizia", dice ad esempio Stefano Zamagni, presidente dell'Agenzia per il Terzo settore. L’economista si concentra in particolare sui tagli indiscriminati, lineari appunto, alle agevolazioni fiscali previste a favore delle famiglie e per le erogazioni in denaro destinate alle organizzazioni non profit: "Una manovra dovrebbe essere fatta in base a criteri di efficienza e di giustizia distributiva ed equità. Questa privilegia nettamente l’efficienza, cioè l’azzeramento del deficit pubblico e fa tagli uguali a tutti, mentre la giustizia richiederebbe tagli maggiori per i ceti medio-alti. Ma questo sarebbe molto difficile politicamente, dato che i gruppi sociali rappresentati dalla attuale maggioranza, cioè i gruppi più ricchi e quelli che detengono il potere, solleverebbero forti proteste (come è già avvenuto per i parlamentari avvocati). Ecco allora la scelta dei tagli lineari, che significano ingiustizia sociale".
Commento negativo anche da parte di Susanna Camuso, segretario generale della Cgil: "Per il 2014 questa manovra ha già deciso di aumentare le tasse a lavoratori, pensionati e imprese. Era partita per cambiare le aliquote e ridurre le tasse, in realtà si appesantisce la contribuzione fiscale sui lavoratori dipendenti e sulle pensioni".
"Taglio semplicistico, solo per fare cassa", è dura la reazione di Roberto Bolzonaro, vicepresidente del Forum delle famiglie, soprattutto per i tagli orizzontali alle agevolazioni fiscali: che penalizzeranno le famiglie che si trovano già in difficoltà crescente con un potere d'acquisto ridotto. "Mi sembra che Tremonti sia un Robin Hood alla rovescia", è l'attacco.
Anche dal mondo della disabilità arrivano critiche. Questo il commento di Pietro Barbieri, presidente della Fish, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap: "Colpisce molto l’eliminazione dei regimi fiscali di agevolazione che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali. Tradotto: le persone con disabilità pagheranno prima come contribuenti, poi come cittadini. Oggi i genitori di bambini disabili hanno diritto ad una detrazione forfettaria minima: domani no. Oggi si possono dedurre le spese mediche per un infermiere a domicilio ad un disabile grave: domani no. Tutto lascia supporre che nel prossimo anno e mezzo saranno fortissime le tensioni fra le diverse parti interessate a pagare il meno possibile lo scotto di questa manovra". Già, una gerra fra poveri sempre più poveri.
"Socialmente iniqua", è infine il commento di Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!. Perché colpisce i cittadini, i lavoratori e i pensionati e lascia invece intatte le rendite e i grandi patrimoni e ha un impatto recessivo perchè l'insieme dei provvedimenti provocherà un ulteriore indebolimento della domanda interna e la manovra non contiene veri provvedimenti per il rilancio dell'economia.
Insomma, per risanare i conti pubblici come sempre ci si accanisce contro i malati, i pensionati e i lavoratori mentre "la casta" salvaguarda i propri privilegi. E anche su Facebook si scatena l'ira dei comuni cittadini, come su tutte le bacheche dei vari social network. "Tremonti vergogna", è l’urlo che si leva da tutta la Rete.
"Hanno bisogno di 24 miliardi? Presto detto. I circa 400 parlamentari diminuiscano di circa la metà e quelli che rimangono percepiscano uno stipendio minore di quello che intascano ora... facciamo la metà", propone Donatella su Facebook. Dove è nato un gruppo che sta raccogliendo sempre più consensi scagliandosi contro l'egoismo del Palazzo "che continua a mangiare, mentre l'Italia affonda".
Laconico il commento di Mario: "come sempre, questi sciacalli si accaniscono su malati, pensionati, lavoratori, mentre dei loro tagli se ne riparlerà più avanti (quando ce ne saremo dimenticati e quindi passeranno in cavalleria". Marco gli risponde: "Non ti preoccupare, ci vedremo tutti in fila alla Caritas".
Dunque il nodo che provoca la rabbia della gente è sempre il solito: perché bisogna mettere le mani nelle tasche degli italiani per raggiungere il pareggio di bilancio? Perché i politici non diminuiscono i loro stipendi?
Nel frattempo Antonio Di Pietro, ultimamente molto attivo nel lanciare iniziative referendarie, annuncia sul suo profilo di aver già raccolto "oltre 10 mila pre-firme on line al disegno di legge di iniziativa popolare per cancellare la parola Province dalla Costituzione". Dal canto loro, gli internatuti fanno sapere: "Scenderemo in piazza affinché si capisca che l'onere non è il sociale ma i costi della CASTA, costi che nessuno di loro vuol diminuire. Si vergognino!!!".
Per riepilogare, da una parte...
mentre dall'altra...
Alla faccia di quegli oltre 8 milioni di vecchi e nuovi poveri.
Leggi e scarica il Rapporto Istat 2010 sulla povertà in Italia
Leggi e scarica il testo definitivo della Manovra finanziaria 2011