Gli scienziati non hanno dubbi: il futuro della ricerca è nell’epigenomica

Creato il 07 ottobre 2010 da Emmecola

C’è una bella definizione di genoma umano, che secondo me rende molto bene l’idea: il genoma è il manuale di istruzioni che le cellule usano per realizzare un essere umano. Una splendida metafora, non c’è che dire, peccato che sia un po’ imprecisa. Infatti, le nostre cellule non hanno a disposizione la stessa copia del prezioso manuale: alcune pagine sono state per così dire strappate, e il risultato è che una cellula della pelle ha delle istruzioni che differiscono leggermente da quelle che ha, ad esempio, una cellula dello stomaco. E’ per questo che esistono tipi di cellule diversi, ognuno con le proprie funzioni, ed è per questo che globalmente abbiamo l’aspetto di un essere umano, con due occhi, un naso, due braccia e – qualche volta – un cervello. Ma perché le istruzioni cambiano da cellula a cellula? Chi ha strappato le pagine del manuale? Il colpevole si chiama epigenomica, cioè quell’insieme di alterazioni che il genoma subisce, senza che la sequenza di DNA venga modificata.

Le modificazioni epigenetiche sono principalmente di due tipi. Il primo si chiama metilazione, e consiste nell’aggiunta di un gruppo chimico (gruppo metile) alla base azotata citosina (C), in specifiche posizioni del genoma: in questo modo, i geni vengono silenziati oppure attivati. Il secondo sono le modificazioni istoniche, che agiscono sulle proteine (istoni) che avvolgono il DNA: i geni possono essere impacchettati così strettamente da risultare praticamente invisibili alla cellula, ed essere in questo modo spenti.

Per capire quali geni sono spenti e quali sono accesi nelle varie parti del nostro corpo, il National Institute of Health sta portando avanti un progetto da 170 milioni di dollari, all’interno del quale quattro grandi istituti di ricerca americani collaborano per realizzare le mappe epigenetiche di tutti i tessuti del corpo umano. Saranno delle mappe di riferimento che i ricercatori di tutto il mondo potranno utilizzare per riconoscere delle eventuali differenze tra cellule malate e cellule sane: molte patologie, dall’Alzheimer al cancro, sono in qualche modo collegate all’epigenetica. Finora sono state prodotte più di 300 mappe relative a 56 tipi cellulari differenti, e quando il progetto terminerà, fra cinque anni, il quadro sarà finalmente completo.

Non tutti i ricercatori sono però esaltati dal Roadmap Epigenomics Project: alcuni credono che le nuove mappe non saranno poi di così grande aiuto per chi deve scoprire eventuali associazioni tra una malattia e delle particolari alterazioni epigenetiche. In questi studi, infatti, devono essere mantenute condizioni uniformi tra malati e casi controllo, ad esempio restringendo l’analisi a una certa fascia d’età o a una certa etnia; quindi, per garantire la confrontabilità, i piccoli laboratori dovranno comunque ricostruire le mappe epigenetiche degli individui sani, e non potranno utilizzare quelle di riferimento prodotte dal progetto. Inoltre, le mappe relative agli individui malati verrebbero realizzate in ogni caso con metodi più economici rispetto a quelli impiegati dai prestigiosi istituti di ricerca coinvolti, e mettere le due mappe a confronto potrebbe essere tecnicamente complicato. Tutti, comunque, sono concordi nel ritenere il progetto del NIH un grande passo avanti per una disciplina che sta impegnando sempre più laboratori in tutto il mondo: lo dimostra il fatto che il numero di articoli scientifici che hanno nel titolo la parola epigenetic è in continua crescita, anno dopo anno.

Fonte: Nature News



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