Una crisi economico-sociale senza eguali. Non è l’Ucraina, contesa tra l’Occidente e la Russia di Putin, ma è il Venezuela di Maduro, ex delfino di Chavez, che è bersaglio di ferventi proteste nelle ultime settimane da parte dei “suoi” concittadini. Scontri, feriti, arresti e denunce sono all’ordine del giorno nel paese sudamericano. Una cosa è certa, Maduro non riesce a garantire neanche il latte ai bambini più poveri.
Gli scontri tra la Guardia Bolivariana del Venezuela ed i manifestanti (trbimg.com)
Un paese “lontano” dai nostri occhi è il Venezuela, che non riceve le attenzioni mediatiche europee dovute. Se da un lato si continua, giustamente, a parlare della situazione dell’Ucraina, e nello specifico della delicata dinamica che riguarda la Crimea, dall’altro il Venezuela è totalmente “dimenticato” da parte dei mass media italiani. Dall’inizio di febbraio, infatti, la situazione nel paese del compianto Chavez è colpita da manifestazioni, proteste e scontri, causati dalla difficoltosa gestione del Venezuela, da parte del successore Nicolás Maduro.
Le piazze sono ormai teatro di “battaglie” quotidiane tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Solo due settimane fa, a Caracas, capitale del Venezuela, i Soldati della Guardia Nazionale hanno sparato gas lacrimogeni e cannoni d’acqua contro i manifestanti, che dal canto loro, lanciavano bombe molotov e pietre prima di abbandonare Plaza Altamira, nel ricco est della città, luogo degli scontri quotidiani più violenti. Ad oggi la situazione non si placa: infatti, l’intento delle truppe di Maduro è quello di demolire le barricate create da parte dei manifestanti, per riprendere il controllo delle piazze e delle strade.
I manifestanti venezuelani, però, continuano a scendere in piazza, ormai da settimane, per protestare contro la dilagante criminalità che imperversa nel paese, la carenza di beni primari e la presenza di consiglieri cubani in Venezuela, sia nell’esercito, che nelle istituzioni statali. “Ho trascorso sei ore in una coda solo per comprare due pacchetti di farina e due bottiglie di olio da cucina,” ha detto il pensionato Pedro Perez, 64 anni, che sta prendendo parte alle manifestazioni dell’opposizione. ”Inoltre, sto protestando contro le bugie che questo governo racconta a noi venezuelani, portando soldati cubani qui … Questo è un paese ingovernabile, non possiamo continuare in questo modo.”
Le proteste dei manifestanti si “scontrano” con migliaia di sostenitori del governo che marciano pacificamente a Caracas per lodare le politiche di welfare del governo Maduro e il rafforzamento della fratellanza tra il popolo venezuelano e quello cubano. Il Venezuela, infatti, rifornisce più di 100 mila barili al giorno di petrolio a Cuba, per i quali è in parte ripagato con la presenza di oltre 30 mila persone tra medici, allenatori sportivi e altri, provenienti dall’isola caraibica governata da Raùl Castro.
Fuori da Caracas, il partito d’opposizione “Popular Will – Voluntad Popular” ha denunciato che i membri delle forze armate hanno picchiato alcuni politici che cercavano di andare a trovare nel carcere “Ramo Verde” il leader della protesta, Leopoldo Lopez, a pochi chilometri dalla capitale. Lopez, che dirige il partito Popolare Will, è stato arrestato il mese scorso con l’accusa di fomentare le violenze nel paese. In un’intervista scritto a mano dalle pagine del giornale pro-opposizione “El Universal”, Lopez, 42 anni, ha detto di aver sviluppato un rigoroso regime di esercizio fisico, di studio e di scrittura dalla sua cella. ”Cerco di essere disciplinato perché sono consapevole che in carcere, i principali strumenti della mia lotta sono la mia mente e spirito”.
Nonostante le turbolenze a Caracas e in altre città in tutto il Venezuela, Maduro sembra, però, tenere a bada il pericolo di essere rovesciato da una “molla rivoluzionaria venezuelana”. Le forze armate sembrano saldamente accanto a lui, ed i numeri dei manifestanti sono di gran lunga minori rispetto l’ondata di protesta contro Chávez avvenuta solo un decennio fa. Il motivo? I leader dell’opposizione sono divisi sulla dinamiche delle proteste in strada. Tuttavia, però, Maduro è tenuto sotto pressione dai governi stranieri e dai gruppi internazionali per i diritti dell’uomo, a causa dell’uso eccessivo della forza dalle sue truppe di sicurezza. Infatti, sono ventuno gli ufficiali che sono stati arrestati per le accuse di brutalità: decine e decine i morti negli scontri.
Come nell’ex Urss, negli ex satelliti, a Cuba, nella Corea del Nord, dove il comunismo è sopravvissuto nella sua versione dura e pura, la povertà si è estesa e livellata verso il basso. Ad oggi, quindici anni dopo l’avvento di Chavez e uno dopo la morte, il suo successore Nicolas Maduro non riesce garantire ai poveri i beni di prima necessità e la moneta venezuelana, il bolivar, continua a svalutarsi di giorno in giorno, con l’inflazione ormai alle stelle. Oggetto di proteste sono anche l’alto tasso di disoccupazione e, come detto prima, della criminalità, ormai dilagante nel paese. Mentre i “beni pubblici” arrugginiscono, come gli impianti petroliferi sottratti ai privati e consegnati alla “boliborghesia” di Stato, il silenzio italiano ed europeo, che imperversa sui media, è davvero assordante: solo ieri è stata data la notizia dell’uccisione del 33enne Roberto Annese, raggiunto da una pallottola a Maracaibo, in circostanze ancora ignote durante una manifestazione, ma probabilmente dietro ad una barricata. Per quale ragione?