Per dovere di cronaca.
Vi riporto (senza citarla, ma so chi è e se vuole posso riportarne nome cognome) queste parole molto belle di una capo scouu uscite sul tema:
“Torno a casa ora che è tardissimo; non ho letto gli Atti del Convegno e ho dato solo un’occhiata veloce ai titoli di Repubblica e del Corriere. Ma vi dico – a caldo – che cosa penso: 1. Penso che già solo i titoli di queste due testate esprimono intenzioni polemiche; chi scrive non vuole “cercare la verità” ma attirare lettori gridando allo scandalo. 2. Penso però anche che la nostra Associazione a volte è decisamente sprovveduta: l’uscita ufficiale degli Atti di un Convegno che ha trattato temi tanto delicati, va curata, accompagnata… Certo, poi si può mettere un trafiletto sull’homepage del portale dell’Agesci, però intanto il danno è fatto! Quando forse si poteva evitare. 3. Penso che gli Atti di un Convegno non sono il pensiero ufficiale dell’Associazione, ma anche che forse come Associazione abbiamo nuovamente perso l’occasione di essere “movimento”, “laboratorio di idee”, forse per paura; e che se fossimo sereni e solidi nei principi a partire dai quali procediamo e nei valori in cui crediamo non dovremmo temere di aprirci, di accogliere, di confrontarci, di metterci in discussione. 4. Penso che ai CFM RS quando trattiamo questa tematica, lo facciamo con grande attenzione, perché tocca le persone nella loro identità più profonda, e noi le persone siamo chiamate ad accoglierle e a metterle al centro del nostro servire. E personalmente non mi piace proprio per niente, e anzi mi dà proprio fastidio, che questa tematica venga subito inquadrata ed etichettata come “problema” e liquidata “a sciabolate”. 5. Penso che la questione “omosessualità” che viene così tanto avvertita come “problema” sia di fatto un problema assai minore rispetto a quello rappresentato dalla difficoltà endemica di divenire ed essere adulti positivi che possiedono se stessi e che sono capaci di donarsi all’altro in una dimensione progettuale. E che alla base di questa difficoltà c’è un dilagante analfabetismo emotivo-affettivo che riguarda tutti, maschi, femmine, uomini, donne. Questo è il problema vero che ci interroga con urgenza. Di tutto il resto possiamo pure… chiacchierare “
E ancora:
“Penso anche, a neuroni un po’ più riposati, che se vogliamo parlare di “sessualità” – e vogliamo farlo! Poiché dire sessualità è dire persona – dobbiamo farlo con onestà mentale. E provare, noi educatori per primi, a farlo nell’interezza e nella complessità del termine, smettendola di pensare sessualità=sesso o sessualità=orientamento sessuale. Poiché sì, è anche quello. Ma è principalmente e fondamentalmente caratteristica del mio rapportarmi con l’altro: la sessualità percorre tutto il essere, ogni mio gesto è sessuato, ogni mia parola, ogni mio pensiero; il modo stesso in cui guardo il mondo e vedo le cose. E’ questa la sessualità che va educata, aiutata a crescere, a divenire adulta, a donarsi, eventualmente a offrirsi nel servizio. Domando: quale sessualità educata e adulta è quella di colui o colei che cerca un/una partner solo per possederlo/a? Quale sessualità educata e adulta viene veicolata dall’intero sistema di comunicazioni di massa in cui siamo immersi? E se non partiamo da una comprensione seria, condotta con onestà mentale, saremo sempre alla mercé di chi vuole che intendiamo le cose in un certo modo, e non nella loro verità. “
Molto bella questa petizione firmata da centinaia di scout (anche capi) in merito alla polemica su Scout e omosessualità. Malgrado la parte iniziale sui toni dell’articolo di Pasqua, che non fa altro, a mio avviso, che dare una notizia (siamo poi noi a dovere usarle le notizie: non esistono notizie da dare o da non dare). Ne riporto le parti più interessanti e significative.
“In particolare, non possiamo fare a meno di prendere le distanze dall’intervento di Padre Compagnoni (assistente ecclesiastico del MASCI – Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani -, associazione ben distinta dall’AGESCI), il quale, tra un luogo comune e l’altro, definisce l’omosessualità come “problema educativo”, e sottolinea il rischio che da essa possa derivare una testimonianza problematica. Siamo difatti fermamente convinti, come afferma peraltro anche l’intervento di Dario Contardo Seghi, ripreso anche dai lavori di gruppo, che l’orientamento sessuale non sia né debba essere un criterio di selezione dei capi, diversamente dalla loro capacità di rapportarsi ai ragazzi in modo costruttivo ed in coerenza con i valori del Patto Associativo, ambito di valutazione riservato ad ogni singola Comunità Capi.
Allo stesso modo, non ci riconosciamo neppure nell’affermazione secondo la quale, a priori, sarebbe sconsigliabile il coming out del capo omosessuale, poiché, al pari di qualsiasi altra scelta di vita giuridicamente lecita, non vediamo il motivo per cui i ragazzi non possano venire a conoscenza dell’orientamento sessuale del capo, ed i capi dovrebbero nascondere un qualsiasi aspetto della propria vita ai ragazzi, contravvenendo al principio di lealtà che caratterizza il rapporto capo-ragazzo. Più che il coming out, vanno allora a nostro avviso condannate tutte quelle forme di eccessivo protagonismo o di autoreferenzialità del capo, che, offrendo una spettacolarizzazione di aspetti della propria vita privata, minano la relazione educativa capo-ragazzo.
L’Associazione, forse in preda allo stesso perbenismo e agli scrupoli del politicamente corretto che purtroppo rappresentano una deriva della nostra società, ha assunto una posizione troppo tiepida nel suo comunicato stampa affidato al sito istituzionale, e siamo addolorati che a tutt’oggi non abbia invece condannato fermamente l’immagine distorta che l’articolo del 4 maggio offre del nostro movimento, dei principi che lo caratterizzano e del nostro fare educazione nell’umiltà. Il nostro Patto Associativo, difatti, ci ricorda che “la diversità di opinioni presenti nell’Associazione è ricchezza e stimolo all’approfondimento delle nostre analisi; tuttavia non deve impedirci di prendere posizione in quelle scelte politiche che riteniamo irrinunciabili per la promozione umana”. E, certamente, in questo caso ci saremmo aspettati una presa di posizione ferma e determinata proprio in favore della promozione della persona in quanto tale.
Ci auguriamo che l’AGESCI sappia fare tesoro di quanto accaduto, e non dubitiamo che questo sia solo il primo passo di una riflessione che coinvolgerà tutte le nostre Comunità Capi, i vertici associativi e l’associazionismo LGBT nello spirito fraterno che sempre ci caratterizza.
Questa presa di posizione è necessaria perché né i nostri ragazzi e ragazze, né i nostri capi possono essere tacciati di omofobia, intolleranza o anche solo di ottusità o mancanza di buon senso. I valori che cerchiamo di proporre giorno dopo giorno, con gli strumenti del nostro metodo, col gioco, con le esperienze e la gioia dello stare insieme non vanno certamente in quella direzione.”