Come pubblicare il primo romanzo? Cinque esordienti di successo, intervistati da Lorendana Lipperini, raccontano come fare. Questa è la seconda parte, se volete leggere la prima cliccate qui.
Come pubblicare il primo romanzo? Meglio i premi letterari, le agenzie, le scuole di scrittura, o le riviste? Al tavolo con Loredana Lipperini cinque esordienti di successo raccontano come fare. – See more at: http://cronacheletterarie.com/#sthash.r6HcJkNc.dpufCome pubblicare il primo romanzo? Meglio i premi letterari, le agenzie, le scuole di scrittura, o le riviste? Al tavolo con Loredana Lipperini cinque esordienti di successo raccontano come fare. – See more at: http://cronacheletterarie.com/#sthash.r6HcJkNc.dpufMarco Cubeddu frequenta la Scuola Holden, nel frattempo fa il pompiere per pagarsi gli studi e esordisce con Come una bomba a mano sul cuore. Se i concorsi degli editori in Italia sono una novità relativamente recente, la Scuola Holden è una realtà più consolidata. Come ha aiutato l’aver frequentato la scuola di scrittura più famosa d’Italia ad arrivare a Mondadori?
Marco Cubeddu
Io sono sempre stato un grande lettore, però da bambino non avevo tanti classici in casa. Quindi ero un grande lettore di Topolino fondamentalmente. Uno dei libri che mi era piaciuto di più da ragazzino, che avevo letto in seconda media, era La coscienza di Zeno. Nella mia formazione La coscienza di Zeno, Lolita e La versione di Barney stanno sullo stesso piano insieme ai Topolini, a Piccoli brividi, Non è la Rai, MacGyver e Baywatch. Il primo romanzo che ho provato a scrivere – avevo otto anni – era un “piccolo brivido” di tre pagine. Mia mamma era Indiana Jones e io dovevo salvare una bambina, Marzia, che ho amato per otto anni. Ho sempre voluto scrivere, però da un certo punto in poi ho scritto praticamente solo poesie. Dopo un percorso scolastico non esattamente brillante – perché a 14 anni sono scappato di casa, ho girato sei scuole, poi sono tornato a casa, ho fatto 5 anni in uno e mi sono diplomato, ricucendo il rapporto con i miei che mi davano per morto – una professoressa mi ha detto: “Perché non fai la Scuola Holden?” Io le ho domandato che cos’era. “E’ la scuola di Baricco”. “E chi è Baricco?”
Rispondo: “Pronto”. “Sono Antonio Franchini” pausa.
Lui è un personaggio pericoloso perché è un grande editore, ma soprattutto è un grande picchiatore, esperto di arti marziali. In ufficio ha coltelli e catane. Io avevo commesso l’imprudenza di metterlo come personaggio del mio romanzo. Il protagonista di Con una bomba a mano sul cuore è uno scrittore molto famoso che ammazza l’amore della sua vita che sta per sposarsi con un altro e scappa. Dopo dieci anni, da latitante, scrive la confessione di quello che ha fatto, ripercorrendo la storia della sua vita che viene pubblicata da questo Antonio Franchini, noto picchiatore-editor.
Insomma lui mi chiama dicendo: “Sappi che sto leggendo il tuo manoscritto” pausa. “Aspettati di essere ricontattato a breve” stop. In breve passano due mesi. Intanto faccio il runner in un film. Il runner è praticamente uno schiavo. Io portavo il caffè a Scamarcio. Questo a Genova. Quindi mentre ero lì a portare il caffè a Scamarcio mi chiama un’altra casa editrice che mi dice: “Abbiamo letto il tuo manoscritto, ci piace, firma il contratto”.
Non era una casa editrice che amavo moltissimo, perciò ho mandato una mail a Franchini per dirgli che avevo ricevuto una proposta. Lui la mattina dopo mi chiama, m’insulta a morte, mi minaccia anche e poi mi passa il suo fidato collaboratore. Ricordo le telefonate con lui come qualcosa di surreale perché mentre facevo il runner questo pazzo mi continuava a dire: “Genio, genio!” E io non capivo se era pazzo o se mi prendeva in giro. Poi ho scoperto che dice “genio” a chiunque. Io non pensavo che le case editrici leggessero davvero i manoscritti e continuo a pensare che questo non avvenga. Ma è me è effettivamente successo.
Cubeddu ci ha appena rivelato che non solo Mondadori legge i manoscritti ma che addirittura telefona Antonio Franchini a casa. Sono storie decisamente rare ma accadono. Infine c’è Fabio Deotto che pubblica il primo libro con Einaudi Stile Libero. Il suo Condominio R39 qualcuno lo definisce gotico, qualcun altro horror, qualcun altro ancora thriller. In realtà è un romanzo non di genere ma che anzi forza i generi a proprio vantaggio. Deotto come è arrivato a Einaudi Stile Libero?
Fabio Deotto
Io in realtà parto da due ambienti che con la letteratura e la scrittura c’entrano veramente poco, che sono la musica punk e le biotecnologie. Quando avevo 16 anni suonavo in un gruppo punk, poi ho fatto altri mestieri ed ero innamorato della filosofia. Scrivevo di notte delle cose illeggibili che però io pensavo fossero importantissime. Quando poi ho finito il liceo mi sono ritrovato a decidere cosa fare della mia vita. Mi piaceva così tanto filosofia che mi sono iscritto a biotecnologie. Perché? Perché al tempo la volgata secondo cui se tu hai una laurea scientifica poi trovi il lavoro, mi aveva sedotto. E questo in realtà è stato un bene, anche se me ne pento ancora. Chi leggerà il libro capirà perché. Dopo un anno, o due circa, capisco che si tratta essenzialmente di chimica e che quello che piaceva a me, ovvero l’evoluzionismo e la genetica, era veramente marginale. Allora decido che quando mi sarò laureato con la triennale mi metterò a scrivere. Nel frattempo cerco lavoretti e scrivo un primo romanzo che era una sorta di distopia stile 1984 di Orwell. Inizio a proporre questo romanzo. Vado anch’io alla fiera del libro di Torino, dove ho la fortuna di incontrare Luca Briasco che al tempo lavorava per Fanucci. Gli do il manoscritto, poi lui non si fa più sentire perché probabilmente non gli è piaciuto. Alla fine decido di provare con le agenzie letterarie. Vengo reclutato da un’agenzia che non nomino perché le cose sono finite veramente male. Per due anni lavoriamo su questo romanzo. Mi dicono che verrà pubblicato sicuramente. Era un’agenzia seria che pubblica autori importanti. Dopo numerose stesure, dopo che io capisco che cosa significa scrivere veramente, l’agenzia non presenta più il libro. “La fantascienza non va in questo momento” mi spiegano – in realtà non era fantascienza – e mi dicono di scrivere un noir. Io dico: “No, io non ce la faccio a scrivere a comando. Tra l’altro i noir non li leggo”.
Quindi ho scritto un altro libro che era una sorta di thriller satirico sulla televisione italiana che non viene apprezzato assolutamente e io mi ritrovo che avevo mollato l’università, avevo anche mollato i pochi lavori che avevo trovato per concentrarmi sul libro perché, cavolo, avevo firmato con un’agenzia letteraria! Sono completamente a piedi con due romanzi che non so a chi far leggere. Allora mi trovo un lavoro come galoppino di un giornale di provincia, lavorando giorno e notte, sabato e domenica. Praticamente sempre. Nel frattempo sono a tanto così da mollare la scrittura. Adesso c’entra la musica punk perché in quella situazione abbastanza disperante, nel 2008, mi sono detto: “Ma quando io faccio il musicista non è che conosco la Emi o la Virgin, però ci riesco perché il musicista ha la possibilità di andare col suo gruppo in un localino sgangherato, fare le sue canzoni e qualcuno prima o poi lo ascolta. C’è qualcosa di simile nel panorama letterario italiano che sono le riviste indipendenti. Perciò ho iniziato a martellare le riviste